mercoledì 12 aprile 2017

Un vera vergogna che magistrati se la facciano con giornalisti faziosi come Travaglio.

http://www.unita.tv/author/carmine-fotia/

E adesso Il Fatto Quotidiano chieda mille volte scusa. Somari che si fanno fregare da un falso. Bel giornalismo!!

https://youtu.be/NgXDupm0Cwk

Adesso perchè Bianca Berlinguer non invita Di Maio e Di Battista e li costringe a scusarsi pubblicamente per l'opera di sciacallaggio fatta?

Consip, l'avvocato del carabiniere del Noe indagato per falso: "Senza dolo cade l'accusa". Renziani all'attacco

Il Pd contro il legale: "Difesa sconcertante, l'Arma va tutelata"

 11/04/2017 19:04 CEST | Aggiornato 19 ore fa
ANSA
La difesa del carabiniere punta sulla "svista", i renziani insorgono e, ironia della sorte, cavalcano l'inchiesta Consip. I nuovi risvolti legati al presunto coinvolgimento del padre dell'ex premier Matteo Renzi, indagato per traffico di influenze illecite dalla procura di Roma, hanno rinfrancato (e irritato) il Partito Democratico. I pm romani che stanno indagando su un filone dell'inchiesta per il maxiappalto da 2,7 miliardi di euro per il facility managemnent, hanno iscritto nel registro degli indagati per falso ideologico e materiale il capitano del Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri Giampaolo Scafarto. Davanti ai magistrati il carabiniere si è avvalso della facoltà di non rispondere, per "comprendere la portata e la valenza degli elementi oggetto di contestazione".
Secondo la procura guidata da Giuseppe Pignatone, Scafarto avrebbe alterato parti delle informative svolte nel corso delle indagini in almeno due casi: sia nell'omessa annotazione, in un'informativa di circa 1.000 pagine, dell'esito negativo circa una presunta attività di pedinamento da parte dei Servizi, sia nell'attribuzione della frase intercettata "...Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato" (riferito al padre dell'ex premier) ad Alfredo Romeo, in carcere per corruzione, invece che ad Italo Bocchino, ex parlamentare e consulente dell'imprenditore napoletano.
Una frase che per lo stesso Scafarto "assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità Tiziano Renzi in quanto dimostra che effettivamente Romeo e Renzi si sono incontrati", aveva messo per iscritto nella sua informativa. 
Il reato di falso tuttavia presuppone il dolo. Ed è proprio su questo che punta la difesa di Scafarto. Secondo Giovanni Annunziata, legale del capitano del Noe, "con l'esclusione del dolo cadrà il reato. Quando sarà analizzato in modo esclusivamente tecnico la sussistenza di tale elemento, questa vicenda troverà la sua fisiologica definizione". Tradotto: senza la prova che il carabiniere abbia intenzionalmente alterato le informative (nei brogliacci delle intercettazioni la frase su Renzi viene attribuita correttamente a Bocchino e non a Romeo), il caso si sgonfierà. Perché, dice Annunziata, le accuse vanno interpretate "nell'ambito della lunga e complessa indagine di particolare importanza, nella quale il mio assistito ha redatto e sottoscritto varie parti della enorme informativa, nonché tutti gli altri atti di indagine in essa compresi".
Per il Pd però si tratta di una difesa "sconcertante": "L'arma dei carabinieri non lavora così e il valore dei suoi militari lo vediamo e lo apprezziamo ogni giorno", ha dichiarato David Ermini. "Se invece del dolo ci fosse stata una disattenzione o un errore, sarebbe meno grave? Come fanno i cittadini a sentirsi tranquilli? La professionalità dell'Arma non può essere mai messa in discussione". Il tenore delle critiche di Ermini alla risposta dell'avvocato Annunziata è lo stesso usato dai suoi colleghi Stefano Lepri, Federico Gelli e Francesco Scalia: "È necessario tutelare l'Arma, sconcertanti le parole del legale".
Tuttavia la sussistenza del dolo, se è necessaria dal punto di vista giudiziario, è centrale anche dal punto di vista politico. Per ora nessuno - salvo il senatore Pierferdinando Casini (non Pd) - parla apertamente di complotto, ma l'idea che viene suggerita è che dietro l'inchiesta Consip ci fosse la volontà di danneggiare l'ex presidente del Consiglio Matteo Renzi. E sarà su questo che il pm Mario Palazzi interrogherà, dopo Pasqua presumibilmente, il capitano dei Cc, per capire se ha agito di sua iniziativa o su sollecitazione di qualcuno.
La procura di Napoli, da cui è partita l'inchiesta e che ora indaga sul ruolo della Romeo Gestioni nella gara pubblica Consip, ha confermato la delega per le indagini al Noe. Sorte diversa rispetto a Roma che il 4 marzo ha revocato la delega al reparto dei carabinieri per la continua fuga di notizie.
Scafarto, di quel Nucleo, è considerato un ufficiale di punta. Campano, 44 anni, ha guidato la tenenza di Scafati e il Nucleo Operativo radiomobile di Nocera inferiore. Scafarto ha poi lavorato a stretto contatto con Sergio De Caprio - alias Capitan Ultimo - quando questi era vicecomandante del Noe. Sotto la spinta di De Caprio, successivamente trasferito ai Servizi, il Noe si è occupato di diverse inchieste, spesso non strettamente legate a reati ambientali e su delega del pm napoletano Henry John Woodcock, che hanno avuto un notevole impatto mediatico: dalle indagini sui conti del tesoriere della Lega Francesco Belsito a quelle sulle presunte mazzette milionarie pagate da Finmeccanica; dalla vicenda P4, con numerosi arresti eccellenti per traffico di informazioni segrete, alle rivelazioni di Gotti Tedeschi su Ior e dintorni; dalle indagini sul tesoro di Massimo Ciancimino all'inchiesta che, partendo dal business della metanizzazione dell'isola d'Ischia, ha travolto il colosso delle cooperative Cpl Concordia.

martedì 11 aprile 2017

Grillini somari, somari, somari. Perché non seguono Flores o Bianca Berlinguer o Mentana che permettono loro di non avere contraddittorio quando sono nei programmi diretti da grandissimi giornalisti incapaci.

Oltre le fake news: ora i grillini si fingono “Iene” per intimidire i giornalisti

M5S
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Ad essere pedinato il direttore del Tg1 Orfeo, messo sotto accusa dai 5 Stelle per come gestisce il suo Tg
 
Cosa è vero, cosa è verosimile e cosa è propaganda? Il confine si assottiglia sempre di più ed è difficile districarsi nel mondo dell’informazione. Certo le cose si complicano ulteriormente se a tutto questo si aggiunge anche una informazione del tutto falsa, creata ad arte per intimidire e spaventare. Sembrano aver fatto questo due componenti dello staff dei 5 stelle al Senato. Non si sono “limitati” a diffondere notizie false sui social, da cui ormai dobbiamo difenderci tutti i giorni, ma hanno confezionato un vero e proprio servizio televisivo, tampinando su modello “Iene”, il direttore del Tg1 Mario Orfeo.
Nel video, pubblicato sul blog di Beppe Grillo (ma di cui ovviamente lui non sarà responsabile) si vedono due finti giornalisti inseguire il Direttore ed incalzarlo con alcune domande. Addirittura uno dei due inviati, si qualifica come giornalista del noto programma Mediaset, con operatore a seguito.
Il Direttore viene accusato già da tempo dai 5 Stelle di avere relegato in secondo piano l’inchiesta Consip e aver censurato il discorso di Virginia Raggi alle celebrazioni dei 60 anni dei Trattati europei: per questo deve “pagare”. Così lo inseguono in due giornata diverse e lo incalzano: “Riguardo alla gestione del Tg1 –  gli viene chiesto  –  perché Grillo e Di Battista indagati per diffamazione per una querela sono stati tutti i giorni sopra le prime pagine del vostro telegiornale, mentre sul caso Consip, nulla…niente da dire?”. Il giorno dopo Orfeo è al telefono e sta per salire sulla sua auto ma viene fermato e ancora interrogato: “Direttore ci può rispondere come mai ha censurato la Raggi per i Trattati di Roma? Per favore ci risponda. Non usi il telefonino alla guida, mi raccomando. Scappa anche oggi?”. Il direttore non risponde e in sovra impressione appare una scritta #OrfeoRispondi. Inutile dire che in poco tempo il video diventa virale, complice anche la condivisione da parte di molti esponenti grillini di spicco, come Luigi Di Maio.
Repubblica oggi ci spiega che quei due sedicenti giornalisti hanno un nome e cognome: sono “Matteo Incerti e il camionista e videomaker Nicola Virzì, detto “Nick il Nero”. Fanno parte dello staff dell’ufficio comunicazione M5s del Senato, mandati in missione dal Movimento per un’operazione di evidente propaganda. I due sono stipendiati, insomma, dai 5s attraverso i finanziamenti destinati ai gruppi parlamentari, cioè con soldi pubblici“.
Già questo basterebbe per far indignare. Ma c’è di più: i due davvero non si rendevano conto, mentre filmavano ed inseguivano, che stavano mettendo in atto un vero e proprio atto intimidatorio di una gravità inaudita? Non pensano i 5 Stelle che pubblicare sul sito di Grillo, e far condividere ai parlamentari, un video del genere possa portare ad una emulazione o meglio giustificare una “gogna fai da te” assolutamente pericolosa? Che tipo di democrazia e libertà di informazione hanno in mente i 5 Stelle?
A prendere subito le difese di Orfeo molti esponenti del Pd. Come Ernesto Carbone che in una nota scrive: “I 5 Stelle vogliono provocare l’aggressione di qualche giornalista del servizio pubblico o magari del direttore Orfeo già vittima di un linciaggio mediatico quotidiano? Ora siamo al pedinamenti del direttore del Tg1 da parte di esponenti del fantomatico staff dei 5 Stelle”. A chiedere l’intervento dell’Ordine di giornalisti ci pensano i senatori Pd: “Due dipendenti del M5S Senato si fingono giornalisti delle redazione delle Iene e importunano Orfeo. La Casaleggio è già oltre le fakenews”, scrive su Twitter il senatore del Pd Stefano Esposito. Anche Francesca Puglisi twitta: “I soldi pubblici erogati al M5S dal Senato servono a svolgere il lavoro parlamentare, non a pagare le intimidazioni al direttore del Tg1″. E Pamela Orru’ aggiunge: “E forse l’ordine giornalisti dovrebbe prendere provvedimenti nei confronti di suoi iscritti che si fingono di altre testate per accusare Tg1″.

Grillini sciacalli e somari.

IL BLOG

Perché e per chi ha agito il carabiniere falsario?

 10/04/2017 21:22 CEST | Aggiornato 6 ore fa
ANSA
Dunque, c'è stato un "complotto"? Il cuore del caso Consip, il contatto fra l'imprenditore Romeo e il padre di Matteo Renzi, è un falso, una manipolazione vera e propria: la frase più incriminante della relazione dei carabinieri "Renzi l'ultima volta che l'ho incontrato..." attribuita all'imprenditore napoletano era stata detta in realtà da Italo Bocchino.
Lo sostengono i magistrati della Procura di Roma che hanno in mano l'inchiesta, e che, vagliate le carte, hanno indagato il capitano dei carabinieri del Noe Giampaolo Scafarto per falso materiale e falso ideologico perché "redigeva nell'esercizio delle sue funzioni" l'informativa finita agli atti dell'inchiesta Consip nella quale riferiva fatti secondo i magistrati diversi da quelli accaduti.
Nessun dubbio da parte dei giudici sulla falsificazione. Che tale affermazione, scrivono i pm di Roma, "fosse stata proferita da Italo Bocchino era riportato correttamente sia nel sunto a firma del vicebrigadiere Remo Reale, sia nella trascrizione a firma del maresciallo capo Americo Pascucci" presenti nel brogliaccio informatico. Per altro l'ex parlamentare Bocchino ha poi messo agli atti di riferirsi all'ex Premier, non a Tiziano Renzi, il padre.
La fase falsamente attribuita, su cui il capitano si è riservato di non rispondere, era molto rilevante nella relazione sulle indagini fatte, come scrive lo stesso carabiniere: "Questa frase assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità il Renzi Tiziano in quanto dimostra che effettivamente il Romeo e il Renzi si siano incontrati". Insomma, con la falsa attribuzione cade la principale prova di contatto fra Romeo e Renzi.
L'inchiesta Consip è molto complessa e questo passaggio non la avvia necessariamente a conclusione. Ricordiamo che riguarda la gara indetta nel 2014 per l'affidamento dei servizi gestionali degli uffici, delle università e dei centri di ricerca della Pubblica amministrazione, per una convenzione del valore totale di 2 miliardi e 700 milioni di euro e in cui Alfredo Romeo era in pole per un bando da quasi 700 milioni di euro. Tiziano Renzi è nell'inchiesta in quanto indagato per traffico di influenze, come l'imprenditore farmaceutico toscano Carlo Russo e Italo Bocchino, consulente di Alfredo Romeo. La tesi è che Romeo per aggiudicarsi l'appalto ha cercato di mettersi in contatto con influenti esponenti politici, tra cui l'entourage dell'ex segretario del Partito democratico per creare le condizioni più favorevoli per l'aggiudicazione della gara. Forse la più rilevante testimonianza sulla esistenza di queste pressioni è quella data dall'Ad di Consip Luigi Marroni, che per altro ha detto ai giudici di essere stato avvertito dell'esistenza di una indagine e della presenza di microspie negli uffici Consip da Luca Lotti, oggi ministro dello sport, e dal generale Saltalamacchia.
Ma l'azione di controllo esercitata dai giudici è una pagina che rassicura tutti sulla serietà della magistratura, sulla onestà del percorso decisionale della giustizia. E, giustamente, la famiglia Renzi può oggi essere contenta.
Tuttavia, l'intera vicenda a questo punto si tramuta in una storia che suscita domande inquietanti: siamo di fronte infatti a un clamoroso caso di fabbricazione di prove che come conseguenza non poteva che mirare alla rovina politica di un politico di primo piano del paese. Per quali ragioni ha fatto un tale passo un servitore dello stato, un capitano dei carabinieri, ed ha agito da solo, o con chi, e in ogni caso per conto di chi? Appare molto improbabile, infatti, che un tale disegno sia stato concepito come gesto solitario. Sicuramente chi ha agito non poteva non immaginare che quella falsificazione avesse un impatto profondo sul corso della politica in questo paese. Sono domande che aprono a scenari di complotti, pezzi di stato infedeli, riportano alla mente gli anni bui del nostro paese. Senza risposte definitive a tutti questi dubbi si insinuerà nel nostro paese una ulteriore dose di sospetto e sfiducia nel modo come noi cittadini guardiamo allo Stato.

Da Report a il Fatto: la calunnia come professione. Che tristezza…

l'Unità
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L’unico errore mio è stato quello di aver rilasciato una tranquilla intervista ad un programma che, invece di fare corretta informazione, sempre di più appare come un abile costruttore di fake news 
 
Leggo sul Fatto Quotidiano, all’interno di un articolo su presunte interferenze politiche ed economiche fra la Pessina, Renzi e l’Unità, riportata una mia frase che all’interno di un contesto artificioso e ingannevole acquista un senso diverso da quello per cui l’ho pronunciata. La “facilitazione” di cui parlo e di cui avrebbero potuto usufruire le aziende della Pessina è evidentemente una facilitazione oggettiva e assolutamente non diretta solo ed esclusivamente alle aziende suddette.
E’ chiaro che un governo come è stato il governo Renzi, che ha puntato tantissimo sull’ampliamento delle iniziative imprenditoriali delle industrie italiane all’estero, sia vissuto dalle aziende che lavorano in questo campo con attenzione e simpatia perché di fatto questa azione di governo, attraverso gli strumenti dei ministeri preposti, facilita questa possibilità d’impresa per l’Italia tutta. L’espressione che conclude la frase riportata, (“Non c’è nulla di male”) è quanto mai eloquente e, per chiunque mi conosca, sancisce la bontà di questa interpretazione.
Mai e poi mai avrei usato un’espressione simile se avessi minimamente adombrato la possibilità di corruzione, favori o quant’altro di illegale. L’unico errore mio è stato quello di aver rilasciato una tranquilla intervista ad un programma che, invece di fare corretta informazione, sempre di più appare come un abile costruttore di fake news che quelle tanto, sì, vendono oggi.
Mi scuso profondamente con Guido Stefanelli e Massimo Pessina, di cui ho potuto conoscere l’appassionato e improbo lavoro anche nei confronti del salvataggio de l’Unità, per eventuali danni di immagine che posso aver loro provocato. Diffido dunque chiunque da utilizzare questa mia frase in una forma e in un senso contrario a quello che volevo esprimere.

Questi sono gli intellettuali de' noialtri. Freccero un grandissimo intellettuale!!!!! Se fosse vivo Pasolini si metterebbe le mani nei capelli. Una vera vergogna!!!!!!!! Da anni imperversa in TV. Vi rendete conto di come è ridotto il nostro paese?

Questi sono gli intellettuali de' noialtri. Freccero un grandissimo intellettuale!!!!! Se fosse vivo Pasolini si metterebbe le mani nei capelli. Una vera vergogna!!!!!!!! Da anni imperversa in TV. Vi rendete conto di come è ridotto il nostro paese?

Grillo Vergognati!!!!!!!

In tutte le storie misteriose d'Italia a un certo punto spuntano le barbefinte. Ma in quella del caso del capitano del NOE accusato di falso ce n'è una talmente grossa che vale la pena raccontarla. Possibilmente senza scoppiare a ridere
ALESSANDRO D'AMATO
In tutte le storie misteriose d’Italia spuntano le barbefinte. Anche quando non c’entrano niente. Come nel caso dell’indagine su Giampaolo Scafarto, il capitano del NOE accusato di aver falsificato le intercettazioni di Alfredo Romeo e Italo Bocchino su Tiziano Renzi. Ma qui la fregnaccia è talmente grossa che vale la pena raccontarla. Possibilmente senza scoppiare a ridere.
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Giampaolo Scafarto e «l’errore materiale»

Ieri infatti abbiamo scoperto che un’informativa del NOE firmata proprio da Scafartoin cui si sosteneva che Alfredo Romeo avesse detto di aver incontrato Tiziano Renzi («…Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato») era stata falsificata: nel brogliaccio delle intercettazioni ambientali nell’ufficio dell’imprenditore napoletano era stata attribuita al suo interlocutore, ovvero Italo Bocchino. Nella sintesi del capitano del NOE invece si sosteneva che a parlare fosse il padre dell’ex premier.
tiziano renzi giampaolo scafarto
L’informativa del capitano del NOE Giampaolo Scafarto sulla vicenda CONSIP
Marco Travaglio, sul Fatto Quotidiano di oggi, tende a discolpare Scafartosuggerendo che è impossibile sostenere che quello del capitano sia poco più di un errore, se non altro perché sarebbe stato facilmente smentito:
A lume di naso, è improbabile che un ufficiale esperto come Scafarto abbia intenzionalmente messo in bocca a Romeo le parole di Bocchino, che nelle trascrizioni delle intercettazioni alla base dell’informativa sono attribuite correttamente a Bocchino e la cui reale paternità risulta dall’ascolto della bobina: se avesse architettato quella manovra sperando di incastrare babbo Renzi e ingannare i pm, gli avvocati e i giudici,sarebbe un idiota,visto che le sue stesse carte la smascherano e lo autoincastrano. Più probabile l’errore materiale: sempre spiacevole, ma umanamente comprensibile in quell’enorme mole di elementi da esaminare.
Il ragionamento di Travaglio però, a lume di naso (cit.), non convince. Scafarto aveva davanti a sé i brogliacci con le intercettazioni trascritte mentre scriveva l’informativa:aveva la possibilità di consultarli non una ma cento volte prima di scrivere e anche dopo, prima di consegnare l’informativa. Come è possibile che prima di scrivere che “questa frase assume straordinario valore e consente di inchiodare alle sue responsabilità Tiziano Renzi in quanto dimostra che effettivamente Romeo e Renzi si siano incontrati” non abbia ricontrollato non una ma cento volte chi fosse a parlare?
tiziano renzi giampaolo scafarto
Il titolo del Fatto di oggi su Tiziano Renzi e Giampaolo Scafarto
È proprio la sicumera con cui Scafarto ha scritto l’informativa ad aver convinto i magistrati ad iscriverlo nel registro degli indagati pur avendo la perfetta contezza del fatto che tutto potesse essere spiegato con un errore materiale. Ci vogliono circostanze precise per pensare a un errore materiale e in questo caso quelle circostanze non ci sono.

La bufala dei servizi segreti nella storia di Tiziano Renzi e della Consip

Ma la parte più tristemente comica della vicenda è quella sui servizi segretiNel primo capo di imputazione il pm Mario Palazzi spiega che Scafarto “redigeva nell’esercizio delle sue funzioni l’informativa n.246/557 nella quale, al fine di accreditare la tesi del coinvolgimento di personaggi asseritamente appartenenti ai servizi segreti, ometteva scientemente informazioni ottenute a seguito delle indagini esperite”. In particolare, dopo aver affermato che durante lo svolgimento delle indagini ‘lo scrivente e altri militari di questo comando hanno da tempo il ragionevole sospetto di ricevere ‘attenzioni’ da parte di qualche appartenente ai servizi’, “a conforto di ciò – si legge nel capo di imputazione – indicava l’esistenza di due annotazioni di servizi del 18 e 19 ottobre 2016, la seconda delle quali aveva evidenziato come, mentre i militari si erano recati a piazza Nicosia per effettuare l’acquisizione della spazzatura prodotta dalla Romeo Gestione SPA (il famoso recupero dei ‘pizzini’ dall’immondizia, ndr), gli stessi ‘notavano persone, in abiti civili in atteggiamento sospetto, che più volte incrociavano lo sguardo degli operanti e controllavano le targhe delle auto ivi parcheggiate; nello specifico due persone controllavano i movimenti degli operanti; si trattava di una persona (fotografata) che ha più volte percorso le strade adiacenti piazza Nicosia, controllando le targhe dei mezzi parcheggiati”.
omissis consip
Perché questa storia è importante? Lo spiega oggi Carlo Bonini su Repubblica:
Per poter accreditare infatti un ruolo, quantomeno politico, dell’allora premier nelle vicende che coinvolgono il padre Tiziano, è necessario costruire una narrazione giudiziaria in cui il Noe – isola di incontaminata purezza investigativa che non ha paura di sfidare la Presidenza del Consiglio – è minacciato da un lato da un nemico interno (il comandante generale Del Sette, il comandante della regione Toscana Saltalamacchia, accusati tuttavia da altre testimonianze) che mette sul chi vive i protagonisti della vicenda Consip di un’indagine in corso.
E, dall’altro, da un nemico esterno che ha le sembianze delle barbe finte dell’Aisi (la nostra Intelligence interna, per giunta diretta da un generale dell’Arma), attivate, va da sé, da un terrorizzato Palazzo Chigi che ha urgenza di conoscere in tempo reale dove stiano ficcando il naso gli uomini di “Ultimo”.
Scafarto in un’informativa ha attribuito a un innocuo cittadino italiano nato in Venezuela che ha la sfortuna di sostare a poche centinaia di metri dagli uffici di Romeo, il classico umarell che non si fa i fatti suoi visto che guarda le auto e le targhe delle vetture, la patente di uomo dei servizi segreti pur avendo potuto verificare, in tempo reale e con interrogazioni alle banche dati del Ministero dell’Interno, che l’auto su cui viaggia e la sua identità nulla hanno a che fare con i nostri Servizi. Questo non è un errore materiale spiegabile con la fretta. Anche perché, racconta sempre Bonini, di quella prova negativa non c’è traccia neppure nelle relazioni di servizio su quanto accaduto quel 18 e 19 ottobre e che dell’informativa sono il presupposto.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...