sabato 31 dicembre 2016

E per chiedere in allegria il 2016.


Straordinario, per ripartire con l'anno nuovo.


venerdì 30 dicembre 2016 09:37

Paolo Berdini continua la sceneggiata sullo stadio della Roma

In una interessantissima intervista rilasciata al Corriere della Sera Paolo Berdini, assessore all’urbanistica della Giunta Raggi, torna a sostenere strane tesi economiche, politiche e giuridiche a proposito dello stadio della Roma. L’assessore infatti sa benissimo che il progetto della Roma è approdato in conferenza dei servizi, dove entro marzo si deciderà e ad oggi nulla osta a fermare l’opera. Berdini sa anche che l’unica via per i grillini di bloccare l’opera è togliere la pubblica utilità all’opera con un voto in Assemblea Capitolina: un voto che potrebbe mettere l’intero consiglio comunale a rischio di richiesta di risarcimento danni da parte della società giallorossa. Eppure Berdini di tutte queste evidenze se ne frega altamente e torna a dire che vorrebbe uno stadio senza torri (impossibile, visto che il piano di business prevede i proventi di quelle costruzioni per far quadrare il bilancio dell’opera e far rientrare dei prestiti chi fornirà i capitali) e a immaginare che la società dia il suo ok a un progetto che affosserebbe del tutto l’opera:
“Lo stadio della Roma? Pronto a sbloccarlo a patto che rispetti le volumetrie riconosciute dal piano regolatore. In 63 mila metri quadrati c’entra eccome uno stadio per il calcio. E c’entrano pure le strutture commerciali. Se è così, va bene, ma non un metro in più. Quella delle deroghe per varianti ispirate solo a interessi privati e’ una storia che deve finire. Un giochetto che ha fatto accumulare 15 miliardi di debiti. Ben venga lo stadio. Ma loro chiedono di fare a Tor di Valle anche 900 mila metri cubi di uffici e strutture commerciali. E nessuno ricorda che lo stesso soggetto ha chiesto e ottenuto anni fa il cambio di destinazione d’uso da uffici ad abitazioni per 600 mila metri quadrati di terreno edificabile di sua proprieta’ alla Bufalotta. Nei giorni scorsi e’ stato perfino nominato un commissario ad acta per attuare quel cambio. Nel progetto ci sono 200 mila metri quadrati di troppo. C’è stato un momento in cui sembrava prevalere un atteggiamento piu’ elastico. Ma ora la giunta e’ compatta nel pretendere il rispetto assoluto del piano regolatore. Basta con le deroghe. Lo stadio non si fa? Si fa, invece. Anche la Roma si convincera’ che qui tutti devono stare al rispetto delle regole. Proprio quello che finora qui non c’e’ stato”.
stadio roma
L’assessore, dopo un periodo di normalizzazione voluta da Frongia, torna quindi a urlare slogan a giornali e giornalisti compiacenti che non gli chiedono mai perché l’Assemblea non ha ancora votato il ritiro della pubblica utilità, se è vero che maggioranza e assessorato sono profondamente concordi su tutto. L’impressione è che invece queste interviste servano ad aumentare la visibilità personale dell’assessore e lo storytelling dell’uomo impegnato a combattere le speculazioni in vista dell’appuntamento decisivo che non può far dare più di tanto ad arrivare visto che la Conferenza dei Servizi dovrà dare un responso definitivo negli ultimi mesi. Per quel giorno il Consiglio Comunale dovrà decidere se lasciar perdere con il voto, decidendo di perdere la faccia e lo stesso Berdini, oppure votare e finire in un mare di guai giudiziari. In bocca al lupo a Roma.

venerdì 30 dicembre 2016 10:08

«Raggi e il M5S non sono in grado di governare Roma»

Valentino Parlato, storico esponente della sinistra italiana e tra i fondatori del Manifesto, rilascia oggi un’intervista al Giornale per dire che Virginia Raggi e il MoVimento 5 Stelle non sono in grado di governare Roma. Ma allora perché li ha votati? Per mandare un segnale (un vaffanculo, ad essere precisi), al Partito Democratico. Un po’ come quello che si taglia i testicoli per fare dispetto alla moglie, insomma:
Parlato, oggi ridarebbe il suo voto alla sindaca dei CinqueStelle? 
«Il mio non era un voto, ma un vaffanculo. Ero indignato con il Pd, così per la prima volta ho tradito la sinistra».
Aveva detto: spero sia anche l’ultima. Conferma? 
«Infatti, sarà l’ultima».
Deluso dalle beghe giudiziarie M5S? 
«Ma no, di quelle mi sono occupato poco,non m’interessano. La verità? Non c’è stata una mossa della Raggi che mi possa far dire: è una buona sindaca. Non che mi aspettassi qualcosa. Il mio era un voto di protesta».
Voti raccolti più a destra o a sinistra? 
«Da entrambe le parti, almeno per quanto ne so».
valentino parlato virginia raggi
L’intervista di Valentino Parlato su Virginia Raggi (Il Giornale, 30 dicembre 2016)
Con i suoi amici della sinistra ne avrà parlato, giusto? 
«Sì, non pochi hanno votato Cinque Stelle. Anche per loro non penso sia stato un voto, ma piuttosto un vaffanculo».
Non crede ai Cinque Stelle come forza di governo? 
«Non governeranno mai, però questa è solo la mia opinione. Il Movimento è uno schiaffo, come l’Uomo Qualunque alla fine degli anni Quaranta. Non ha un obiettivo diffuso. Ditemene uno?».

Complimenti a Grillo, Di Maio e Di Battista.

Allontanato da Sabella all'epoca di Mafia Capitale, brindò alle sue dimissioni
NEXT QUOTIDIANO
Il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Andrea Managò di un dirigente spostato dal municipio di Ostia, il litorale romano nelle mire di Mafia Capitale, a un inca rico di minore responsabilità, nel municipio III.
Ora Claudio Saccotelli, dirigente di lungo corso del Campidoglio, con la giunta a 5 Stelle torna a rivestire un ruolo di maggiore importanza e responsabilità nei servizi scolastici. Tra i molti incarichi ricoperti in Comune, Saccotelli è stato direttore del municipio di Ostia, anche negli anni della giunta di Andrea Tassone, terminata con il commissariamento dell’ente per inquinamento mafioso. Il suo nome fa parte della lista dei 101 nominativi variamente citati negli atti dell’inchiesta Mafia Capitale, stilata dalla commissione prefettizia d’accesso. Ora sul sito web del Campidoglio Saccotelli figura alla guida della “Direzione programmazione, regolamentazione e gestione dei servizi educativi e scolastici”.
alfonso sabella i fought the law
Un ruolo di grande responsabilità e prestigio. Mentre durante la precedente giunta, guidata da Ignazio Marino, il dirigente era stato spedito nella macchina amministrativa del meno rilevante municipio III. Da lì alla responsabilità alle scuole: un bel salto. E pensare che –come raccontato nel libro C apitale infetta di Alfonso Sabella e Giampiero Calapà, edito da Rizzoli – proprio Saccotelli ha inviato degli sms all’ex assessore alla Legalità del Campidoglio “brindando”alle sue dimissioni e alla caduta della giunta Marino. Tra le contestazioni mosse da Sabella all’attività del dirigente mentre era alla guida del municipio di Ostia c’è la gara per la pulizia delle spiagge del litorale, con un bando andato deserto –nonostante l’introduzione di una commissione giudicatrice estratta a sorte –anche a causa dei vizi di forma che conteneva.

Il documento programmatico con il quale Sinistra Italiana andrà al congresso contiene un capitoletto sull’Europa che vale la pena di analizzare. Perché contiene tutte le opzioni possibili: da riformare l’Europa a uscire dall’euro. Come si fa a proporre una battaglia per cambiare i trattati dopo aver detto che è impossibile? Che senso avrebbe provarci? Come si concilia l’ipotesi di uscire dall’euro con l’idea di una riforma dell’Europa esistente? E di che tipo di uscita si tratterebbe?
GUIDO IODICE
Il testo del documento programmatico con il quale Sinistra Italiana andrà al congresso contiene un capitoletto sull’Europa che vale la pena di analizzare non tanto politicamente, ma, se ci è concesso, dal punto di vista letterario. Esso infatti rassomiglia da vicino ad un thriller, pieno di colpi di scena che lasceranno, ne siamo sicuri, i nostri lettori a bocca aperta. Mettetevi quindi comodi, abbassate leggermente le luci per creare un po’ di atmosfera, e preparatevi a proseguire la lettura. Pronti? Cominciamo.

L’ispettore Fassina e il mistero della morte del sogno europeo

Come ogni buon thriller, anche il programma di Sinistra Italiana inizia con un’atmosfera a prima vista serena, ma che in realtà, come vedremo, nasconde ombre che presto offuscheranno l’apparente tranquillità:
“Il progetto di integrazione europea è nato con obiettivi nobili e ambiziosi: garantire un sviluppo pacifico e cooperativo del nostro continente dopo la tragedia della guerra, che evitasse il riemergere degli egoismi nazionali”.
In secondo piano si staglia l’immagine di Altiero Spinelli colto in un’espressione cupa che anticipa la rivelazione dell’oscuro segreto:
“Tuttavia, anche per effetto dall’egemonia culturale del neoliberismo, si è progressivamente affermato un paradigma diverso: quello della competizione tra Stati e della supremazia dei meccanismi di mercato.”
Ecco l’assassino del sogno europeo, il neoliberismo. La tensione sale. Siamo presi da un dubbio che ci lascia attoniti: ma come ha fatto il neoliberismo ad insinuarsi nell’Unione Europea? E’ presto detto:
“L’integrazione europea, rendendo ancora più rigido ed efficace per ciascun paese il “vincolo esterno”, si è fatta veicolo di politiche di privatizzazione, di deregolazione del mercato del lavoro e di smantellamento dei diritti sociali”.
Il neoliberismo però non è il solo colpevole, perché esso ha un complice, spiega Sinistra Italiana:
“Tutto questo con la piena corresponsabilità della famiglia socialista europea.”
Il lettore più smaliziato avrà sicuramente da ridire: “Ma scusate, la Gran Bretagna con la Thatcher e gli Stati Uniti con Reagan che vincolo esterno hanno subito per attuare politiche neoliberiste?”. Domanda legittima, ma che cade nel vuoto. La retorica del “vincolo esterno” altrimenti detta “ce lo chiede l’Europa” dovrebbe essere presentata per quello che è: retorica, appunto. Usata dai governanti per giustificare le proprie scelte e oggi dagli euroscettici per stigmatizzare la perdita della sovranità monetaria, evitando accuratamente di spiegare che anche i paesi che ne sono dotati hanno applicato politiche neoliberiste, non di rado più radicali di quelle applicate nell’Unione Europea. Tant’è che per i liberisti britannici che hanno sostenuto la Brexit, l’UE è sì un vincolo esterno, ma nel senso che è troppo “socialista”. Insomma fin qui bene ma non benissimo per Fassina e soci. Ma non dobbiamo pretendere troppo, in fondo si tratta di letteratura, mica di politica, giusto?

Il colpevole è l’euro, anzi no

La narrazione di Sinistra Italiana prosegue con ritmo incalzante e, dopo aver conosciuto l’assassino e i suoi complici, si arriva ben presto a scoprire l’arma del delitto:
“La stessa moneta unica, presentata come strumento di stabilità, ha scaricato sulla svalutazione del lavoro la competizione –prima giocata in larga misura sulla svalutazione delle monete nazionali – tra i Paesi membri, a tutto vantaggio dell’interesse dei più forti tra essi.”
Eccola la smoking gun che ha ucciso l’Europa di Spinelli, perché come si sa, “se non puoi svalutare la moneta devi svalutare il lavoro”. Ma è vero? No, è fiction. Perché se andiamo a guardare l’unica grande economia europea fuori dall’euro, ovvero la Gran Bretagna, scopriamo che il salario reale (cioè al netto dell’inflazione) dei lavoratori britannici è crollato, stando ai dati OCSE, del 10% dal 2007 al 2015, la stessa percentuale della Grecia, ovvero il paese più colpito dalla crisi e dalle politiche di austerità. Del resto, come tutti i libri di economia spiegano, la svalutazione della moneta deve corrispondere ad una svalutazione del lavoro. In caso contrario, la competitività di prezzo svanisce in breve tempo, a causa della rincorsa tra salari e prezzi. Ma non dovremmo ancora attardarci in particolari, altrimenti perderemmo il ritmo narrativo. Anche perché stiamo per arrivare al primo grande colpo di scena:
“Nelle condizioni politiche createsi nell’Unione l’euro … ha portato alle politiche di austerity che stanno progressivamente smantellando i diritti sociali e impediscono l’uscita dalla stagnazione; sta minando le basi di quel modello sociale che era per noi europei elemento distintivo e di orgoglio.”
Insomma, l’arma del delitto, l’euro, è lì, davanti a noi, ancora fumante… Ma attenzione, ecco che tutto si ingarbuglia di nuovo:
“Fenomeni peraltro di larga scala e di sistema, che non dipendono solo da un’area monetaria.”
Ma come? Allora non è l’euro l’arma del delitto? Anche altrove, dove l’euro non c’è, si assiste agli stessi fenomeni? Sinistra Italiana non svela il mistero, che rimarrà irrisolto anche alla fine della tortuosa storia che stiamo riassumendo, che però ci riserva subito altre sorprese mozzafiato.
come uscire dall'euro bobo
Illustrazione di Artefatti
Il testo prosegue in crescendo:
“Nell’ambito di questa unione monetaria è difficile immaginare politiche di rivalutazione del lavoro e di piena occupazione”.
Notate il “questa”. E’ un espediente letterario di grande finezza perché lascia intendere che un’altra unione monetaria sarebbe possibile. Però non è detto. Ecco infatti che lo scetticismo vela per un attimo il racconto di Sinistra Italiana:
“Per cambiare rotta, la via maestra dovrebbe essere quella di una riscrittura dei Trattati. Il consenso dei 27 Stati membri su cambiamenti orientati nel verso giusto oggi non c’è. Paradossalmente, i progetti di revisione dell’Unione attualmente sul tavolo vanno semmai in direzione di un’accentuazione dei vincoli esistenti…”
Insomma, nulla da fare. La vittima respira ancora, ma è preclusa la possibilità di salvarle la vita. Anzi, il proiettile sta per fermarle il cuore. Mentre la vediamo lì, riversa sul pavimento, stiamo per abbandonare ogni speranza. Il viso dell’ispettore Fassina, accorso sul luogo del delitto, si adombra. Ma ecco un nuovo colpo di scena:
“Tuttavia la strada di nuovi Trattati non può essere definitivamente abbandonata. Merita una proposta e una battaglia. Difendendo le capacità degli Stati nazionali di operare scelte avanzate e innovative di politica economica”
Oibò. Il coroner è il più sorpreso di tutti. Non è un cadavere quello che vede davanti a sé. C’è ancora una speranza. Possiamo salvarla. Possiamo riformarla. Difendendo gli stati nazionali. Cioè quelli che non vogliono riformarla. Però anche no:
“In questo quadro, considerare l’assetto della moneta unica come un dato irreversibile è un elemento di debolezza. Al punto in cui siamo, opzioni che contemplino il superamento della moneta unica, pur gravide di rischi, non possono essere escluse a priori.”
Il lettore è confuso. Cosa avrà voluto dire l’autore? Che per salvare l’Europa (che però è neoliberista) dobbiamo abbandonare l’euro? Che l’euro si può riformare, ma se non ci riusciamo dobbiamo abbandonarlo? Che l’Europa neoliberista cesserà di esserlo se le togliamo l’euro, anche se il neoliberismo ha agito pure dove l’euro non c’era? Non lo sapremo mai. Quel che sapremo però è che tutto è molto incerto e confuso:
“Siamo consapevoli delle difficoltà e dei rischi che comporta una messa in discussione dell’attuale assetto, specie in una fase di ripresa dei nazionalismi”
Riassumendo, quindi, il neoliberismo ha ucciso il sogno europeo con l’arma dell’euro che svaluta il lavoro, che però si svaluta ugualmente dove l’euro non c’è. Il sogno si potrebbe salvare se solo si potessero riformare i trattati, che non si possono riformare perché ci sono gli stati nazionali che decidono ognuno di testa propria. Però gli stati nazionali sono anche buoni perché possono fare le politiche a favore del popolo, mentre l’Europa no. Ma siccome non si possono riformare i trattati, dobbiamo lasciare l’euro, così salveremo il sogno europeo. Però se lasciassimo l’euro daremmo manforte ai nazionalismi contro i quali era nato il sogno europeo e che oggi vogliono distruggerlo. Grande è la confusione sotto il cielo, ma la situazione è tutt’altro che eccellente. Sinistra Italiana ci lascia alla fine uno spiraglio per il sequel che chiarirà tutto:
“È dunque essenziale un’attenta valutazione delle opzioni e dei rapporti di forza, avendo sempre, quale nostra priorità, la difesa delle classi sociali più deboli.”
Chissà, forse finalmente conosceremo anche qualche dettaglio del famigerato segretissimo piano per uscire dall’euro.

Poche idee ma confuse

Abbiamo voluto celiare sul testo di Sinistra Italiana che, data la sua contraddittorietà, sembra scritto a più mani. Ci pare di poter dire che il canovaccio è farina del sacco di Stefano Fassina. Poi qualcuno meno simpatizzante delle posizioni euroscettiche ha provato a metterci qualche pezza qua e là. Il risultato è che il testo contiene praticamente tutte le opzioni possibili e immaginabili: da riformare l’Europa a uscire dall’euro. Come si fa a proporre una battaglia per cambiare i trattati dopo aver detto poche righe prima che è praticamente impossibile? Che senso avrebbe provarci? Come si concilia l’ipotesi di uscire dall’euro con l’idea di una riforma dell’Europa esistente? E poi di che tipo di uscita si tratterebbe? Come si potrebbe attuare? L’unica cosa che ci viene detta, su questo punto cruciale, è che bisogna “valutare le opzioni e i rapporti di forza”. Ebbene, se lo si facesse seriamente non ci sarebbe molto da discutere: l’unica uscita possibile dall’euro è a destra.
uscire dall'euro
Non si può stare in mezzo al guado così. Nessuno ci capirebbe nulla. Immaginate in campagna elettorale un confronto tra un esponente di SI e Salvini in tv: Sinistra Italiana apparirebbe come il partito del “vorrei ma non posso” o peggio dell’ “aspettiamo e vediamo”. O Sinistra Italiana sposa coerentemente l’opzione di uscita, chiudendo così ogni possibile rapporto con i pezzi antirenziani del Pd e probabilmente finendo fuori dal parlamento come gli euroscettici di sinistra greci usciti da Syriza, oppure elabora una sua visione, coerente, di come va cambiata questa Europa, senza farsi abbindolare dalle sirene noeuro ed euroscettiche alle quali Fassina e D’Attorre hanno prestato sin troppo ascolto negli ultimi due anni. Quelle portano solo ad affondare.

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...