sabato 5 novembre 2016

I grillini tutti uguali. La stessa arroganza dei politici craxiani e berlusconiani.

Appendino ha le gambe corte
“Chieda scusa o si dimetta”


La presidente di Torino Musei Asproni aveva chiesto più volte un incontro alla sindaca senza ottenere risposta. Ma non era stata dimessa per mancanza di comunicazione? L'attacco di Morano in Sala Rossa: "Con le bugie si fa poca strada". Mozione di sfiducia
Patrizia Asproni aveva chiesto in più occasioni a Chiara Appendino di essere ricevuta. Inutilmente. A smentire la versione dei fatti offerta dalla sindaca sul defenestramento della presidente della Fondazione Torino Musei è il consigliere Alberto Morano, che in Sala Rossa, parla di “bugie dalle gambe corte” della prima cittadina pentastellata, sventolando le mail a suffragio delle proprie parole. Un colpo a effetto subito cavalcato dagli altri membri dell’opposizione, a partire dai capigruppo di Forza Italia, Pd e Lega Nord che domani presenteranno una interpellanza generale sul tema.
“Il 5 ottobre ho chiesto alla presidente Asproni di venire qui da me a Palazzo. Ci è stato comunicato che la prima data utile era il 25 ottobre” aveva detto in aula Appendino una settimana fa per giustificare la rottura con Asproni e le sue dimissioni a mezzo stampa. Ma a quanto pare potrebbe non essere andata proprio così. “In realtà, signor sindaco – ha affermato Morano –  la Asproni le aveva chiesto più volte di essere ricevuta. Una prima volta lo scorso 22 giugno, una seconda volta il 5 luglio, una terza il 19 luglio” e cita anche il contenuto di quest’ultima missiva.
“Oggetto: richiesta incontro. 
Gentile Signora Sindaca,
faccio seguito alla lettera inviataLe lo scorso 22 giugno, con la quale chiedevamo un incontro al fine di illustrarLe i programmi in corso e quelli futuri, per rinnovarLe la richiesta di un appuntamento con l’auspicio di poter avviare quanto prima una proficua collaborazione. In attesa di poterLa incontrare voglia gradire i miei saluti più cordiali. 
Patrizia Asproni, Presidente”
Insomma, stando a questi documenti la Asproni ci aveva provato eccome a mettersi in contatto con la sindaca. Sarebbe stata piuttosto quest’ultima a ignorare tali richieste. Un comportamento grave, secondo Morano, anche perché le spiegazioni addotte da Appendino per giustificare la richiesta di dimissioni della Asproni erano state proprio la mancanza di comunicazione. Una versione dei fatti che aveva indotto la Lega Nord, con il capogruppo Fabrizio Ricca, a sostenere la posizione della sindaca attraverso una mozione di sfiducia nei confronti della Asproni. “Con le bugie non si governa – ha chiosato Morano – si fa poca strada e si può fare una brutta fine”.

25 ott. 2016 Aggressione alla deputata Alessia Morani.

Scalfari asfalta Di Battista: "siete un movimento politicamente comico, ...

giovedì 3 novembre 2016

La mafia non esiste a Voghera. E i leghisti in consiglio comunale chiamavano camorrista il consigliere Rubiconto. E dopo sei anni nessun P.M. ha mai indagato su questo episodio. Incredibile ma vero. La giustizia italiana è lenta solo in alcuni casi.

http://m.laprovinciapavese.gelocal.it/pavia/cronaca/2016/11/03/news/ndrangheta-operazione-dei-carabinieri-anche-in-provincia-di-pavia-1.14354500?ref=fbfpp&refresh_ce

Bersani aveva detto di non voler fare campagna per il No e invece…

Il Noista
Pierluigi Bersani alla Camera durante comunicazioni del presidente del Consiglio in vista del Consiglio europeo.12 ottobre 2016, ANSA/GIUSEPPE LAMI
Iniziative in Sicilia con l’ex leader del Pd
 
Leggiamo su Repubblica: “La notizia, nelle locandine degli incontri siciliani, non è affatto nascosta. ‘Riforme e democrazia: le ragioni del No’, recita il manifesto del dibattito di Siracusa.
Ancora più esplicito quello che annuncia l’evento di Ragusa: ‘Riforma costituzionale e legge elettorale: le ragioni del No’. Sono i titoli che precedono la visita di Pier Luigi Bersani in Sicilia, in programma il 7 novembre. E che lasciano prevedere il lancio in grande stile di una aperta campagna contro la riforma da parte dell’ex segretario del Pd”.
La coerenza di Bersani – il leader superfavorito in tutti i sondaggi che “non vinse” le elezioni del 2013, non riuscì a far eleggere i propri candidati al Quirinale, non riuscì a formare un goveno con Grillo e infine fu costretto a dimettersi dalla segreteria del Pd – è un esempio illuminante dello stile preferito dall’oligarchia conservatrice, messa nell’angolo da Renzi e pronta a tornare al potere nel caso in cui grillini e leghisti vincessero il referendum.
Nel corso dei due anni abbondanti di dibattito parlamentare, Bersani ha sempre votato a favore della riforma Boschi: tre volte personalmente alla Camera e altre tre volte, per interposto Gotor, al Senato, anche dopo l’approvazione in via definitiva dell’Italicum.
Lo scorso 2 maggio, mentre a Firenze Matteo Renzi apriva la campagna per il Sì, da Bologna Bersani assicurava: “Abbiamo votato sì alle riforme e votiamo sì al referendum, purché non venga fuori un sì cosmico contro un no cosmico. Stiamo parlando di precise modifiche della Costituzione, non di nuovi scenari politici”.
Ospite di Giovanni Floris, Bersani aveva poi spiegato agli italiani perché voterà Sì: “Perché penso che comunque correggere il bicameralismo sia un fatto importante, perché lì dentro ci sono alcune cose buone. Nell’insieme, nella somma algebrica del più e del meno, è un passo avanti”.
Che cosa è successo dopo l’estate? L’unico fatto politico significativo è stata la disponibilità di Renzi a modificare l’Italicum, proprio come Bersani aveva chiesto. Ma nel momento stesso in cui Renzi s’è detto d’accordo a discutere una nuova legge elettorale, Bersani ha replicato di non credere agli asini che volano. Però ha aggiunto che in nessun caso farà campagna per il No, pur rispettando chi nel Pd vorrà farla.
Ora il nuovo cambio di casacca, forse perché i sondaggi sono prevalentemente favorevoli al No e l’occasione di far fuori Renzi e il governo non è più una possibilità remota. Ai molti voti dei grillini e dei leghisti Bersani ha dunque deciso di aggiungere anche i pochi di cui dispongono i suoi sodali, con l’unico obiettivo di abbattere il governo del Pd. Complimenti vivissimi.

Il cazzaro di Milano 

Referendum
Il leader della Lega, Matteo Salvini, durante la presentazione del suo libro "Secondo Matteo" alla Stampa Estera, Roma, 04 maggio 2016. ANSA/ ANGELO CARCONI
I partiti del No non stanno facendo molto ma fanno a gara per mettere il cappello sulla sconfitta del Sì
 
Sparito nelle ultime settimane, non sapendo bene che dire, oggi Matteo Salvini è tornato sul palcoscenico del teatrino politico per sparacchiare contro il governo. Lo ha fatto alla sua maniera, quella che a Roma – chiediamo scusa -si definisce coatta. Da ganassa, come dicono a Milano.
La premessa del “discorso” salviniano è la vittoria del No: “La prima buona notizia sarà che verrà bocciata una brutta riforma Costituzionale, la seconda che il cazzaro di Firenze verrà licenziato. Io mi auguro che il fronte del no, da Grillo a Berlusconi si applichi compatto perché stiamo combattendo con la fionda contro i bazooka mediatici del signor Renzi”.
Sulla prospettiva politica, sul fatto che la destra sia divisa, sul fatto che non abbia uno straccio di programma né un leader pronto per palazzo Chigi, il capo leghista ha sorvolato, as usual.
Significativo però l’appello a Grillo e Berlusconi, che con Salvini costituiscono il tridente noista (con buona pace dei grandi giuristi e dei politici di professione di sinistra, improvvisamente inabissatisi dopo le deludenti prove tv): significativo perché è vero che né il comico né, per ragioni tutte sue, l’ex Cavaliere stanno muovendo un dito per il No. Grillo ha il suo da fare con il caso-Marra che rischia di far impantanare la giunta Raggi (già impantanata di suo, peraltro); e Berlusconi di questo No non pare per nulla convinto e in ogni caso ha fatto capire che al massimo scenderà in campo solo se e quando la vittoria del No sarà cosa certa.
A dire il vero, nemmeno la Lega si è mossa granché. 
La verità e che adesso tutti questi personaggi si stanno scaldando per mettere il cappello su una eventuale sconfitta del Sì. I soliti, mediocri, giochetti di potere. Poi chi è il cazzaro?

Avvertite il professor Pace che il Parlamento è perfettamente legittimo

Il Noista
Una veduta dell'aula durante l'esame del ddl scuola alla Camera dei Deputati, Roma, 19 maggio 2015. ANSA/GIORGIO ONORATI
Lo ha sancito chiaramente la Corte Costituzionale, di cui egli fu presidente
 
E’ davvero sorprendente che un giurista raffinato come Alessandro Pace, presidente del Comitato per il No al referendum costituzionale, si sforzi si avvalorare con la sua dottrina una tesi non soltanto giuridicamente sbagliata, ma anche eversiva sul piano politico e istituzionale.
Secondo Pace, prima ancora del merito della riforma, ne va contestata in radice la legittimità costituzionale, perché approvata da un “Parlamento illegittimo”.
Non è vero, e sostenere il falso in modo così plateale e autorevole significa soltanto rovesciare barili di benzina sul fuoco della demagogia, del qualunquismo, dell’antipolitica, dell’eversione.
Secondo Pace, all’indomani della sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionali alcune parti qualificanti del cosiddetto Porcellum “in forza degli ovvii fondamentali principi delle democrazia parlamentari, avrebbe dovuto disporsi l’immediato scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica e la convocazione dei comizi elettorali per un nuovo Parlamento”. Nulla di più falso, nulla di più fuorviante.
Il Parlamento eletto nel 2013 è infatti perfettamente legittimo, come spiega senza ombra di dubbio alcuni la stessa Corte costituzionale a conclusione della sentenza n. 1/2014: “È evidente, infine, che la decisione che si assume, di annullamento delle norme censurate, avendo modificato in parte qua la normativa che disciplina le elezioni per la Camera e per il Senato, produrrà i suoi effetti esclusivamente in occasione di una nuova consultazione elettorale, consultazione che si dovrà effettuare o secondo le regole contenute nella normativa che resta in vigore a seguito della presente decisione, ovvero secondo la nuova normativa elettorale eventualmente adottata dalle Camere.”
“Essa, pertanto – prosegue la sentenza –, non tocca in alcun modo gli atti posti in essere in conseguenza di quanto stabilito durante il vigore delle norme annullate, compresi gli esiti delle elezioni svoltesi e gli atti adottati dal Parlamento eletto. […] Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. [La Consulta] rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare.”
“E’ pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio”: più chiaramente di così sarebbe stato difficile esprimersi.
Del resto, se Pace avesse ragione, sarebbe illegittimo anche il Presidente della Repubblica, perché eletto da un Parlamento illegittimo, nonché il suo predecessore (ricordiamo che il Porcellum è in vigore dal 2008), nonché i due terzi della stessa Corte costituzionale, che sono stati indicati o da un Parlamento illegittimo o da un Capo dello Stato eletto da un Parlamento illegittimo.
E’ davvero un peccato che, per condurre una campagna politica di parte, si scelga di minare intenzionalmente i capisaldi dello stato di diritto e i pilastri del nostro ordinamento istituzionale. E il peccato diventa scandalo se a farlo è un professore emerito di Diritto costituzionale.

mercoledì 2 novembre 2016

Giusta denuncia. Non vedo più La7 ad esclusione del programma della Gruber. Ovviamente quando non sono ospiti Travaglio o Scanzi o Gomez.

http://www.unita.tv/interviste/perche-il-comitato-del-si-denuncia-la7/

Ma chi l'ha messa al governo di Roma!!!!!!!!

http://www.unita.tv/interviste/scuole-di-roma-non-conosciamo-ancora-la-situazione-parla-il-capo-dei-presidi/

Le bufale del NO.

https://www.facebook.com/bastaunsi/videos/1609472179358046/

UsuraUnicredit contro M5S: “Urlatori da tastiera, ma non fate nulla”

23 giugno 2016, di Alessandra Caparello

DEF 2015: il Piano riforme

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il DEF, il Piano nazionale delle riforme e l'allegato Infrastrutture che definisce le linee guide della politica economica del Paese per i prossimi tre anni. Margine sul deficit dello 0,1%, che si traduce in un bonus di circa 1,6 miliardi da investire. Non ci sono tasse nuove, niente tagli a Comuni e Regioni.
MILANO (WSI) – Il Comitato di UsuraUnicredit, un gruppo autonomo e indipendente di clienti della banca vessati da tassi usurari applicati dall’istituto di credito, si scaglia contro il M5S. E non usa mezzi termini, affermando che alla fine anche i rappresentanti del movimento fondato da Beppe Grillo strepitano e urlano, e si presentano come paladini dei risparmiatori o degli indifesi, senza però far seguire alle parole i fatti.
Oggetto dello scontro è la cosiddetta ghigliottina parlamentare che le Commissioni Finanze e Giustizia della Camera hanno deciso di porre sul decreto legge per i rimborsi delle banche.
La ghigliottina parlamentare, diventata pomo della discordia Boldrini-M5S quando è stata usata dalla presidente della Camera Laura Boldrini per bloccare l’ostruzionismo dei Cinque Stelle sul decreto IMU-Bankitalia, è quello strumento che prevede il passaggio diretto al voto finale di un decreto in qualsiasi fase dell’esame si trovi. Una decisione che ha fatto infuriare i deputati del M5S nella giornata di ieri, sul decreto legge banche-rimborsi.
Così in una nota i deputati M5S:
“E’ uno scandalo che devono silenziare ad ogni costo. Al di là dei tempi di scadenza del decreto, è vergognoso che si metta la sordina al Parlamento in questo modo. Cosa hanno da dire il governo e la maggioranza agli imprenditori, agli artigiani e ai commercianti che sperano in un rapporto più fluido e onesto con il settore del credito? I presidenti hanno appunto dichiarato che il decreto domani alle ore 15 terminerà il suo iter in commissione, a prescindere che la discussione sugli emendamenti sia stata conclusa o meno. Un bavaglio scandaloso per le opposizioni, le imprese e i risparmiatori colpiti dal decreto ‘salva-banchieri’”.
Nella nota i Cinquestelle rincarano la dose sottolineando l’abuso perpetrato nel decreto oggetto della ghigliottina  che prevede con il patto marciano la possibilità che banca, decorsi nove mesi dopo tre rate non pagate, “potrà portarsi via il capannone”.
“Un abuso che loro chiamano ‘patto marciano‘. Inoltre basterà un inadempimento che sarà deciso dalla banca nel contratto di finanziamento e l’istituto potrà anche prendersi macchinari, brevetti, scorte di magazzino o altri beni mobili non registrati dell’imprenditore. Uno scandalo che loro chiamano ‘pegno non possessorio’. E’ così che si pensa di favorire il credito alle Pmi? Stringendo loro un cappio intorno al collo? Stiamo parlando di quelle stesse imprese che poi hanno enormi difficoltà a recuperare in tempi brevi i loro crediti, soprattutto verso la Pubblica Amministrazione. La nostra battaglia contro il Pd dei banchieri proseguirà dentro e fuori i palazzi. Il M5S continua a lavorare per i cittadini e le Pmi”.
Ma il Comitato UsuraUnicredit non ci sta e accusa il Movimento guidato da Beppe Grillo di non aver mai fatto nulla sull’usura bancaria.
“Avrete il vento in poppa, vi sentirete già al governo, ma neanche a voi, a nessuno di voi è consentito fare propaganda sulla pelle delle imprese. In questi anni di proclami ed urla nelle aule parlamentari non abbiamo sentito dirvi nulla sull’usura bancaria. Non avete mosso un dito davanti allo scempio di aziende che muoiono perché le banche “strozzano”. Non avete voluto approfondire quando abbiamo detto che il problema sarebbe risolvibile attraverso l’inserimento di un semplice script nei programmi di gestione tenuti dalle banche. E non ci avete difeso quando la grande banca sistemica Unicredit ci ha denunciato solo perché urlavamo al mondo lo scempio dell’usura da loro praticata. Ci hanno messo sotto processo, ma siamo stati prosciolti. A voi deputati, a tutti voi deputati, anche dei 5 stelle, vi abbiamo chiesto di intervenire. Di prendere posizione, di difenderci dall’arroganza del potere bancario. Volevamo domandaste l’istituzione di una commissione d’inchiestache chiarisse come mai una grande banca come Unicredit si accanisse contro un piccolo imprenditore, mentendo fino a raccontare fatti assolutamente inverosimili. E voi, anche voi, onorevoli pentastellati, al posto di difenderci, di leggere sentenze ed atti, di pretendere spiegazioni dalle banche, avete preferito fare piazzate all’interno delle aule parlamentari. Non avete avuto neanche la buona creanza di rispondere alle mail che vi abbiamo inviato. Mail con poche chiacchiere ma con fatti e documenti. Ma noi, che verità vogliamo ristabilire per difendere realmente l’impresa italiana, continueremo a denunciare, a proporre iniziative. Quanto a voi, avete perso l’occasione di essere finalmente grandi, responsabili e credibili. Rimarrete i soliti urlatori da tastiera, rivoluzionari col mouse ma pronti a nascondersi dietro ad un monitor quando il gioco inizia a farsi realmente duro. Insomma come tutti gli altri se non peggio degli altri”.

In tempi non sospetti ho dichiarato che l'Appendino è peggio della Raggi. Il tempo mi darà ragione. La fortuna della Appendino sta nel fatto di aver ereditato un comune che era ben amministrato. ma non ci metterà molto per distruggere lo sviluppo di Torino.

La sindaca di Torino percepisce un'indennità doppia rispetto a quella dei suoi colleghi di partito che siedono in Parlamento. A giugno aveva promesso che l'avrebbe tagliata ma per il momento non è stata presa alcuna decisione in merito. E crescono i malumori degli attivisti pentastellati torinesi
GIOVANNI DROGO
Mentre in Parlamento Cinque Stelle sono impegnati nella battaglia per il dimezzamento dell’indennità dei parlamentari altrove gli eletti grillini non sembrano così intenzionati a decurtarsi lo stipendio in nome della causa e degli ideali dello stipendio. Sulla graticola è già finita la sindaca di Torino Chiara Appendino e alcuni esponenti della sua giunta, accusati di guadagnare troppo per gli standard “francescani” del MoVimento.
chiara appendino stipendio
Lo stipendio della Sindaca Appendino e degli altri componenti della giunta M5S (fonte La Repubblica di Torino del 30/10/2016)

Quella promessa di tagliare lo stipendio di sindaco e assessori “appena insediata” che non è stata mantenuta

Repubblica qualche giorno fa faceva notare che l’indennità mensile della Appendino ammonta a poco più di novemila euro, il doppio di quella percepita dall’ex sindaco Piero Fassino che però poteva contare sul vitalizio da parlamentare e che quindi riceveva un’indennità dimezzata. Anche la situazione del Presidente del Consiglio Comunale, Fabio Versaci, ha destato parecchia sorpresa. Lo scorso anno Versaci ha dichiarato un reddito pari a 7.191 euro, reddito per altro percepito facendo il consiglioere di circoscrizione per il M5S (a proposito di professionisti della politica) mentre quest’anno, grazie all’indennità da Presidente del Consiglio Comunale ne guadagnerà quasi dieci volte tanto (poco più di 71 mila euro). Anche gli altri membri della giunta però – faceva notare Repubblica – sono stati miracolati dalla vittoria del M5S, gli unici che l’anno scorso dichiaravano redditi “importanti” sono stati l’assessore al Bilancio, Sergio Rolando, il vicesindaco Guido Montanari e l’assessora alla Cultura Francesca Leon (questi ultimi con reddito inferiore ai 71 mila euro l’anno). Un bel problema per la Appendino e per il MoVimento, visto prima che le polemiche e i malumori degli attivisti del MoVimento arrivassero alla stampa la sindaca non ha mai dichiarato l’intenzione di decurtarsi lo stipendio. La Appendino, conscia del possibile autogoal, lo ha fatto, a parole, dopo che la notizia è stata pubblicata, annunciando che il suo stipendio e quello di Versaci verranno adeguati agli standard della proposta di legge presentata da Roberta Lombardi che prevede un tetto massimo di 5mila euro lori per le indennità per i politici. In realtà però come spiegava qualche giorno fa il capogruppo M5S in consiglio comunale Alberto Unia, non è ancora stato deciso nulla «ma da parte del presidente Versaci c’è l’intenzione di muoversi in questa direzione. Lo faremo quando avremo individuato lo strumento migliore per ridurre l’indennità, in modo da farla rientrare tra i risparmi dell’amministrazione comunale, magari attraverso un fondo specifico». In definitiva per il momento lo stipendio della Appendino e di Versaci rimarrà quello che è, con buona pace della base pentastellata che invece vorrebbe che la sindaca fosse maggiormente fedele alla linea.
In realtà non è la prima volta che l’indennità dell’Appendino finisce sotto la lente dei suoi avversari politici (ma non solo). A giugno vennero pubblicate tre determine comunali che stabilivano che l’azienda per cui lavorava la Appendino (la Lavatelli, di proprietà del marito) aveva diritto ad ottenere i rimborsi per l’attività prestata dall’allora consigliera in Consiglio Comunale. Dalle carte risulta che la Lavatelli Srl abbia chiesto ed ottenuto mensilmente il rimborso (previsto per legge) dal Comune per permessi retribuiti della dipendente Chiara Appendino. assunta nel 2010 (la Appendino venne eletta in Consiglio nel 2011). La sindaca si era difesa ricordando che questa polemica era già stata tirata fuori nel 2013 e facendo notare che lei, dal 2012 fino alla fine della passata consigliatura aveva rinunciato al gettone di presenza (circa duemila euro al mese per quattro anni) facendo risparmiare “centomila euro” (in realtà ottantamila ma poco importa) alle casse del Comune. Bisogna però far notare che nell’occasione a giugno la Appendino aveva anche annunciato, per stroncare una volta per tutte le polemiche sul suo compenso «Taglierò il mio stipendio e quello degli assessori appena mi insedio». Cosa che, a quasi quattro mesi dall’insediamento non è ancora avvenuta (ma tranquilli, stanno studiando come fare). Ma c’è da scommettere che qualora la Appendino decidesse di mantenere questa promessa si aprirebbe un altro fronte caldo interno al M5S, questa volta però a Roma dove la sindaca Raggi non sembra avere per il momento intenzione di affrontare il problema (ma potrebbe essere costretta a farlo dalla mossa della sua collega torinese).

La propaganda russa all’offensiva anti-Renzi. E il web grillino rilancia 

Londra e Berlino: gli hacker di Mosca sono un pericolo per l’Europa
REUTERS
Il presidente russo Vladimir Putin. Il governo russo finanzia il network globale Russia Today, che dedica un’ampia copertura alle news italiane

02/11/2016
Sabato scorso, il giorno della manifestazione per il Sì al referendum in piazza del Popolo, RT, Russia Today, il potente network in lingua inglese finanziato dal governo russo, 2500 dipendenti, uno degli strumenti più virali del sistema di propaganda pro Putin nei Paesi occidentali, ha raccontato così la notizia: «Migliaia di cittadini hanno protestato per le strade di Roma contro il primo ministro italiano Matteo Renzi, che ha lanciato un referendum sulla riforma costituzionale, che si terrà il 4 dicembre. La gente ha paura che le riforme, mirate a smantellare il Senato, porteranno più potere nelle mani del presidente del Consiglio». Titolo della diretta Facebook: «Proteste in Italia contro il premier italiano». Piccolo particolare: quel giorno c’era stata davvero una manifestazione, ma a favore del sì. Diffondendo una versione completamente opposta della realtà, la diretta della web tv russa ha raggiunto un milione e mezzo di contatti diretti; senza contare la sua viralizzazione. Non si è trattato della prima intrusione nel dibattito politico italiano; per questo, canali diplomatici italiani hanno sollevato il caso e protestato nei giorni scorsi con il Cremlino.  

Bugie e propaganda, ovunque prodotte, si irradiano molto bene nell’ambiente web italiano, dominato dai siti dell’universo filo Cinque stelle. Molti account Twitter e Facebook pro M5S, oppure pagine Facebook con migliaia di amici, rilanciano infatti RT, o Ruptly, l’agenzia video del network russo, agenzia che ha sede a Berlino, o bufale anche peggiori, perché meno smaccate all’apparenza. Le bufale poi si propagano dentro un’architettura propizia. Il network russo ha adesso corretto il titolo e sono inaccessibili alcuni degli ultimi articoli postati sull'Italia, ma ne possediamo ovviamente gli screenshot. Tante altre volte la propaganda è più sottile, mixa alcuni elementi (pochi) di verità, e una maggioranza di menzogna. Il 22 ottobre, per dire, RT ha enfatizzato a dismisura una manifestazione dei sindacati di base contro il Jobs Act, raccontando di un’«Italia in rivolta». Quando Renzi ha subìto una contestazione a Napoli, la cosa era stata descritta come «scene da guerra civile». Un’esagerazione grottesca, ma attraente, magari, per i più giovani, o per chi non esce da un ecosistema web. 

Il red web, il web di Putin, preoccupa ormai molto diversi governi europei: ieri il capo del MI5, il servizio segreto interno britannico, Andrew Parker, ha dichiarato al «Guardian»: «La Russia sta portando avanti una politica estera con modi sempre più aggressivi», che prevedono il ricorso «alla propaganda, allo spionaggio, a sovvertire l’ordine costituito, e ai cyber-attacchi». Sempre ieri il ministro degli Interni tedesco, Thomas de Maizière, subito demonizzato e bastonato da account chiave filo-grillini, ha denunciato a Sky «gli attacchi su Internet specialmente di provenienza dalla Russia: sono organizzati a livello statale, attacchi alle istituzioni tedesche. Dobbiamo proteggerci, ma è un problema che dovremo superare con la collaborazione dei nostri partner europei». De Maizière denuncia che non si tratta solo di persone, «si tratta anche di algoritmi, macchine che moltiplicano all’ennesima potenza la loro influenza sulla Germania per poter dar ragione a una particolare posizione della Russia sui social tedeschi». 

La connessione culturale tra propaganda russa e filo M5S si mostra per varie vie. Siti, non governativi come RT ma decisamente filorussi, come Sputnik Italia, ne sono un esempio. L’ultimo caso: a caldo, dopo il terremoto, un articolo (non un commento) intitolato «Italia, il governo che vive in un altro paese» si introduceva così: «è difficile indovinare dove Renzi e i suoi allegri ministri trovino l’ottimismo da dispensare con ampi sorrisi a ogni incontro pubblico dedicato al Sì al referendum». Sputnik viene ripreso da Tze Tze, principale sito della galassia Casaleggio, che celebra Putin, e dove viaggia molto anche RT; ma anche da siti anonimizzati, assai più opachi. O da un numero delimitato di account Twitter o Facebook, alcuni dei quali configurano a volte gravi ipotesi di reato, su cui torneremo. 

L’affinità tra queste due propagande non pare casuale. Né indagata a monte, nell'ingegneria. Né a valle, nelle ideologie: Manlio Di Stefano, deputato M5S già ospite del congresso del partito di Putin, per commentare la loro politica estera sulla Brexit parla a RT. Beppe Grillo nell’aprile 2015, per la prima intervista in cui spiega la tesi del «colpo di stato intelligente» («in Italia è in atto un colpo di Stato intelligente, che consiste nel causare una divisione in Parlamento, infiltrarsi al governo e piazzare un leader forte che andrà a prendere i pieni poteri») sceglie RT. È quella, peraltro, la descrizione della riforma costituzionale che si legge su RT. Solo pochi giorni fa Pietro Dettori, braccio destro di Davide Casaleggio, responsabile dell’Associazione Rousseau (intestataria del blog delle stelle) ha twittato un articolo su Putin dal sito silenziefalsità.it («Putin presenta Satan 2, il missile in grado di incenerire il Texas») che esordiva così: «Sarà la volta buona che le teste calde di Washington e dintorni si raffreddano? Non è molto meglio rischiare un mondo multipolare e rinunciare a qualcosa del proprio potere anziché correre il rischio di perderlo tutto e incenerire il mondo intero?». Per ora, si sta incenerendo la verità. 

dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...