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Caro direttore, l'appello dei vincitori dei finanziamenti europeiche oggi lavorano all'estero è qualcosa di più e di diverso da una sveglia o da un richiamo. È un'ipotesi di cammino condiviso. E il governo sta dimostrando che ci sta.

Lo dico non solo perché ci credo, ma perché all'estero (ad esempio in Cile, nell'osservatorio di Cerro Paranal, o al Cern, guidato oggi da una grande italiana come Fabiola Gianotti) o in Italia (nei laboratori nazionali del Gran Sasso) ho incontrato tanti ricercatori e scienziati come i firmatari della proposta uscita l'altroieri su Repubblica. Tutti con la stessa passione, spesso le stesse difficoltà, ma con la stessa testarda voglia di portare Italia nel mondo e mondo in Italia per studi che valgono il futuro di tutti noi.

Nell'appello vengono identificati con grande lucidità i problemi della scarsa attrattività del sistema universitario e della ricerca nel nostro Paese. Nelle scorse settimane, si è parlato molto del fatto che su 30 vincitori italiani di Consolidator Erc, soltanto 13 abbiano deciso di fare ricerca nel loro Paese. Non ci sono solo problemi, ovviamente. Basti pensare al fatto che sull'università abbiamo portato a 56 milioni le risorse per borse di studio nella Legge di stabilità. Abbiamo rivisto i criteri di accesso alle borse di studio. Abbiamo sbloccato gli stipendi per docenti universitari dopo anni. Abbiamo permesso nuove assunzioni negli atenei e fatto finalmente le nuove classi di concorso.

Ma quando ci sono i problemi non vanno aggirati, piuttosto affrontati direttamente.

Per questo sulla ricerca non basta spendere di più, dobbiamo spendere meglio. I dati Eurostat che vengono citati per sottolineare il divario con Germania e Francia nella spesa in ricerca tra il 2003 e il 2013 includono sia il settore privato sia il settore pubblico. Se guardiamo, invece, alla sola università, l'Italia ha speso da un minimo dello 0,32% del Pil a un massimo dello 0,37%, la Germania dallo 0,39% allo 0,51%, la Francia dallo 0,38% allo 0,47%. Un gap significativo, ma relativamente più contenuto rispetto alla spesa totale. Un divario che in ogni caso il governo è determinato a colmare, partendo proprio dal nuovo Programma nazionale per la ricerca (Pnr) 2015-2020, su cui abbiamo mobilitato circa 500 milioni di risorse aggiuntive, portando le risorse totali a 2 miliardi e 429 milioni soltanto nel primo triennio.

La vostra analisi, tuttavia, è così condivisa che il nostro governo ha già messo nero su bianco nel nuovo Pnr quasi tutte le proposte che avanzate e altre ancora. Avremo modo di parlarne più approfonditamente in un incontro con tutti i vincitori Erc che insieme al ministro Stefania Giannini vogliamo fare al Cnr. Intanto, però, permettetemi di fare qualche esempio.

Un programma per l'attrazione di vincitori Erc
Abbiamo impegnato 246 milioni in un triennio. Con l'idea di attrarre i vincitori di Erc con fondi aggiuntivi individuali che possono arrivare fino a 600mila euro per progetto. E con una serie di agevolazioni economiche e di snellimenti burocratici per le università. Ci saranno poi risorse ad hoc per potenziare la capacità di fare ricerca di chi ha superato la prima fase di valutazione Erc senza ricevere fondi.

Cattedre universitarie del merito "Giulio Natta"
È una misura contenuta nella Legge di stabilità (finanziata con 75 milioni a regime) alla cui attuazione stiamo lavorando. Sono 500 posti di professore associato o ordinario attribuiti a ricercatori di eccellenza. I vincitori saranno selezionati da commissioni di top scholars di indubbio prestigio internazionale. I vincitori potranno essere chiamati senza alcun costo da tutti gli atenei italiani, avranno stipendi più alti in ingresso e potranno muoversi dove vogliono dopo un periodo minimo di permanenza nell'ateneo prescelto.

Fondi "Top Talents" e "Ricerca italiana di eccellenza"
Abbiamo impegnato 280 milioni in un triennio, sempre nell'ottica dell'attrazione delle eccellenze e del consolidamento delle carriere. I fondi di ricerca saranno destinati a ricercatori che si sono contraddistinti a livello internazionale, per le loro pubblicazioni e per la loro capacità di ricevere fondi. Parte dei fondi andrà in via preferenziale ai vincitori di "Cattedre Natta" o "Bandi Montalcini".

Accanto a questi programmi già previsti nel Pnr, si sviluppa la nuova strategia scientifica del Cnr, che vuole mettere insieme creatività scientifica e innovazione tecnologica, con la creazione di infrastrutture che producano attrattività e mobilità su tutto il territorio nazionale, in particolare al Sud. Con risorse proprie, il Cnr sta per assumere a livello di primo ricercatore o dirigente di ricerca tutti gli Erc che sono ancora a un livello più basso, e nel quadro di una politica realizzata assieme alle università, sta studiando strumenti per poterne attrarre altri.

Segno che quell'attenzione all'eccellenza e al merito che i ricercatori richiamano nel loro appello, quella richiesta di valorizzare il merito e di creare un ambiente competitivo e stimolante per la ricerca, è la nostra. E che lavoriamo
insieme perché i nostri scienziati e studiosi continuino a dare il meglio di sé a casa nostra e in giro per il mondo e perché i nostri centri di ricerca, laboratori e università possano tornare ad essere un magnete per le intelligenze e per il futuro di ognuno di noi.