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La Tunisia non vuole arrendersi al terrorismo. Ieri sera centinaia di persone sono scese in strada a Sousse e nella capitale Tunisi per manifestare contro il terrorismo. Durante le fiaccolate gli slogan più scanditi sono stati 'Tunisia libera' e  'No al terrorismo', e in entrambe le manifestazioni i dimostranti hanno ripetutamente intonato l'inno nazionale. E mentre prosegue l'esodo dei turisti che hanno deciso di interrompere le vacanze e il governo conferma la chiusura di 80 moschee estremiste, proseguono le indagini per cercare di ricostruire il profilo di  Seifeddine Rezgui e l'esatta dinamica dell'attacco ai due hotel sulla spiaggia.

Le indagini. A due giorni dal venerdì di sangue di questo mese di Ramadan si continua a lavorare per chiarire la dinamica dell'attacco e fare luce sui responsabili.   "Le autorità di Germania, Francia e Regno Unito ci hanno informati che non impediranno ai turisti di venire in Tunisia ma vogliono partecipare alle indagini e vedere decisioni chiare in materia di sicurezza", ha detto la ministra del Turismo tunisina, Salma Loumi, parlando con i giornalisti. "Martedì riceveremo tutti gli ambasciatori per informarli delle misure di sicurezza adottate per proteggere i turisti", ha aggiunto, sottolineando che molti turisti britannici hanno deciso di rimanere in Tunisia fino alla fine delle vacanze. Oltre 3mila altri turisti, invece, hanno già lasciato il Paese.

Venerdì si era parlato di due attentatori giunti in gommone, di cui uno era stato ucciso nello scontro a fuoco con la polizia e l'altro era stato arrestato poco dopo. Al momento non è ancora chiaro quale sia stato il ruolo del secondo uomo. L'attenzione è concentrata invece sul terrorista ucciso, Seifeddine Rezgui, di 23 anni. È lui che ha avuto il ruolo principale, sparando prima sulla spiaggia e poi dentro l'hotel Imperial Marhaban di Sousse. Sta facendo il giro del mondo la foto dell'attentatore che cammina in spiaggia in maglietta e pantaloncini con il kalashnikov in mano. A diffonderla l'emittente Sky News, che sottolinea come l'immagine confermi il racconto dei testimoni che hanno descritto un atteggiamento "molto calmo" da parte del killer.

Tunisi in piazza contro il terrore


Nuovi particolari utili per le indagini potrebbero emergere però nelle prossime ore, dal momento che ieri è stato ripescato nel mare di Sousse il cellulare gettato in mare dal giovane poco prima dell'attacco. A recuperare il telefono è stata una squadra di sub della protezione civile, intervenuta a seguito della testimonianza di un tunisino in vacanza che ha segnalato che l'autore dell'attacco, prima di cominciare a sparare, aveva fatto una telefonata e poi gettato il cellulare a mare. Alcuni dicono che il killer abbia mirato principalmente ai turisti, ma tra le vittime ci sono anche tunisini e nella società civile c'è già chi si affretta a sottolineare che sarebbe pericoloso pensare che i terroristi non facciano del male ai tunisini.

L'attentatore su Facebook. E su Seifeddine Rezgui emergono man mano nuovi dettagli: studente di un master, pare che frequentasse dei corsi in una moschea che era fuori dal controllo dello Stato e che fosse a contatto con dei salafiti nella città di Kairouan. La sua radicalizzazione sarebbe avvenuta proprio negli ultimi mesi. Ma mentre il premier tunisino Habib Essid nella conferenza stampa tenuta la sera dell'attacco ha detto che niente lasciava presagire che Rezgui fosse un potenziale terrorista, la radio locale Kapitalis smentisce questa versione. L'emittente racconta che dal profilo Facebook di Seifeddine Rezgui, che spiega di aver consultato prima che venisse oscurato, emergeva una personalità totalmente dedita alla jihad e pronta a passare all'azione. Per Kapitalis il giovane aveva lanciato diversi appelli alla jihad, elogiava ripetutamente l'Isis e si diceva pronto a morire per l'instaurazione di uno Stato islamico. "Se l'amore per la jihad è un crimine, tutti possono testimoniare che io sono un criminale", avrebbe scritto il giovane in uno dei post. L'ultimo messaggio pubblicato pare risalisse al 31 dicembre 2014, quando Rezgui se la prendeva con chi festeggiava il capodanno, definendoli 'koffar', cioè miscredenti. L'Isis ha rivendicato l'attacco di Sousse con un post diffuso su Twitter in cui ha definito l'attentatore "un soldato del califfato" e le vittime "individui di Stati dell'alleanza crociata che combatte lo Stato del califfato". Al di là della rivendicazione, però, il legame fra attentatore e regia dell'Isis resta da accertare.

Moschee fuori legge. Ma all'indomani dell'attacco ci si chiede anche come e perché sia potuto succedere, e il governo prova a correre ai ripari. Il premier Essid, dopo una lunga riunione alla Kasbah venerdì notte, ha annunciato 13 misure a seguito dell'attentato. Fra queste a colpire di più è l'annuncio della chiusura, entro una settimana, di 80 moschee ritenute "fuori legge", cioè che sfuggono al controllo dello Stato, accusate di incitare alla violenza. Ed Essid ha anche annunciato l'organizzazione di un congresso nazionale per la lotta contro il terrorismo per settembre 2015, a cui dovrebbero partecipare rappresentanti della società civile, partiti e associazioni.

Il bilancio delle vittime. L'ultimo bilancio, fornito dal ministero tunisino della Sanità, è di 39 morti e 39 feriti. La maggior parte erano britannici, almeno 15 come ha confermato Londra, ma tra le vittime ci sono anche una irlandese, una portoghese e diversi belgi e tedeschi. E le vittime britanniche, secondo il Telegraph, potrebbero salire da 15 a 23 dal momento che ci sono 20 feriti del Regno Unito, diversi dei quali in condizioni critiche. Si tratta dell'attacco terroristico con più morti per il Regno Unito dagli attentati alla metro di Londra del 7 luglio 2005.

Turismo in ginocchio. La Tunisia, confinante con la Libia dove recentemente sta avanzando la branca locale dello Stato islamico, deve affrontare un problema di sicurezza nazionale e lotta al terrorismo. E costituisce un nuovo durissimo colpo per il turismo questo attacco a Sousse, che è giunto solo tre mesi dopo l'attentato al museo del Bardo in cui morirono 24 persone, 21 dei quali turisti fra cui quattro italiani. Il turismo è un pilastro dell'economia del Paese ma si trovava in difficoltà da tempo: un crollo di arrivi si era verificato a seguito della Rivoluzione dei gelsomini del 2011, quando Ben Ali fu costretto alla fuga dopo circa 23 anni al potere, e una nuova battuta d'arresto era poi giunta dopo l'attacco del 18 marzo scorso al Bardo. Dalla Tunisia, secondo gli esperti, circa 3mila persone sono partite negli ultimi anni per andare a combattere in Siria e Iraq, e le autorità pensano che circa 500 siano rientrate. Da qui molti partono anche per la vicina Libia, per unirsi alla branca locale dello Stato islamico.

GB: "Possibili altri attacchi". Il governo britannico ha intanto lanciato un nuovo allarme: estremisti islamici potrebbero colpire altri resort turistici in Tunisia. Secondo un aggiornamento dell'avviso del Foreign Office ai turisti britannici, i più colpiti dalla strage sulla spiaggia, a compiere i nuovi attacchi potrebbero essere "individui non noti alle autorità e le cui azioni sono ispirate da gruppi terroristici attraverso i social network".