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ROMA - La giornata che gli consegna il controllo del pacchetto azionario della coalizione anti-Renzi inizia in sua assenza. Inizia a poche centinaia di metri dalla stazione Termini, rione Esquilino, Roma: all'esterno della sede dei fascisti del terzo millennio, quella CasaPound che lo appoggia in modo incondizionato perché "il nostro programma non si distanzia di una virgola dal suo". Programma che oggi lo candida ufficialmente alla sfida con Matteo Renzi. Perché l'obiettivo di Matteo Salvini sembra essere soltanto uno: ampliare talmente tanto lo spettro politico della Lega Nord da riuscire a trasformala nel polo di ogni futura opposizione al Pd. Il cammino del segretario della Lega verso le elezioni del 2018 inizia oggi.

E inizia a Roma, in una piazza del Popolo non gremitissima in cui compaiono croci celtiche e foto di Mussolini. Non a Milano, non in Veneto, non in Piemonte. Inizia dalla presa d'atto che oramai le bandiere della Lega possono convivere con tante altre: non una parola sull'autonomia, non una parola sulla secessione. La forza politica che immagina Salvini è diametralmente opposta: i principi su cui si basa sono patria, nazione, identità. E le parole che usa sembrano provenire direttamente dal fondo oscuro dell'antipolitica: dal "vaffa" alle offese gratuite, dalla xenofobia professata come un credo religioso  -  "Nella nostra Italia si dice ai Rom: tra tre mesi vi sgombriamo e arrivano le ruspe"  -  fino all'annuncio del patto di ferro con il Front National di Marine Le Pen: si va verso un gruppo unico a Bruxelles.

Salvini arriva a piazza del Popolo poco dopo le 15. Il nome della manifestazione è tutto un programma: "Renzi a casa". Stringe molte mani di militanti e dopo poche secondi indossa la shirt d'ordinanza sopra la camicia bianca. Quella che ha scelto oggi chiede la liberazione di Graziano Stacchio, il benzinaio che ha ucciso un rapinatore. Inizia a gironzolare sul palco, accompagnando i suoi ospiti principali. Non politici ma esodati, medici, genitori separati, immigrati, ufficiali delle forze dell'ordine che non ne possono più "dei tagli indiscriminati del governo" che non si spiegano perché "oramai in Italia è impossibile la difesa personale". La sicurezza: il tema che fa da principale trait d'union tra la Lega targata Salvini e la nuova destra.

Il cui volto, in Italia, è quello di Giorgia Meloni. Il presidente di Fratelli d'Italia firma uno degli interventi a più alta densità demogogica della giornata. Renzi? "Il figlio segreto di Wanna Marchi". Ignazio Marino? "L'allegro chirurgo che attua tragedie seconde solo al sacco dei Lanzichenecchi". La questione libica? "Mandiamoci Prodi, così mette anche lì l'euro e l'Isis fallisce dopo due mesi". E dopo la Meloni il canovaccio si sposta sul versante governativo. Su quel Luca Zaia, colui che non può essere messo in discussione pena l'uscita dalla Lega, sostiene Salvini. E mentre il presidente del Veneto parla alla folla in piazza del Popolo si leva anche qualche bandiera della Federazione Russa. Dal vento dell'Est al vento del Nord Est.

Poi ecco Salvini. Un'ora in cui mette in chiaro tutte le linee guida della sua politica. Le alleanze? "I giornalisti ci chiedono con quali partiti ci alleeremo: non me lo pongo questo problema, voglio allearmi con 60 milioni di cittadini". Forza Italia? "Cosa farà Berlusconi lo vedremo. Non sarò io a mettere veti o a dare lezione". La rottamazione? "A differenza di Renzi che sputa nei piatti dove ha mangiato fino a ieri, io sarò eternamente riconoscente e dico grazie Bossi che mi ha svegliato e ci ha svegliato, altrimenti stavamo ancora dormendo".

E il premier è uno degli obiettivi primari di Salvini. Renzi è solo "un servo sciocco" dei tecnocrati di Bruxelles. L'unica cosa che merita è quella di tornare a "lavorare nell'azienda di famiglia". E da Renzi la critica si estende alla sinistra che "governa la cultura" fino ad arrivare alle "zecche che per una settimana hanno provato a far saltare la nostra manifestazione invece di andare a lavorare". Applausi dalla piazza. Che urla un sonoro "vaffa" ogni qual volta vengono pronunciati i nomi di Alfano o Renzi. Alzando in contemporanea cartelli con un Mussolini che inneggia alla "venuta di Salvini".

Salvini: ''Renzi è il servo sciocco di Bruxelles''


Poi l'Islam, Marchionne, la Rai, Mario Monti, la Fornero, lo Stato, i Rom. Matteo Salvini mette in fila gli avversari politici del nuovo fronte anti Renzi. E a nessuno risparmi quel misto di sarcasmo e cinismo che lo contraddistingue. Ma il suo pantheon non è solo negativo. Gli esempi da seguire? Don Milani e Oriana Fallaci su tutti. E, ovviamente, tutto lo stato maggiore della Lega: Maroni, Borghezio, Bossi, Zaia. Fino alla fine dell'intervento. Fino all'identificazione della linea di frattura sulla quale cercherà di costruire il suo consenso: quella tra "produttori" e "mantenuti". "Stiamo con le Pmi, con gli artigiani, con chi lavora". Non con chi "viene mantenuto dallo Stato".

La sfida di Salvini è lanciata. Spregiudicato nelle alleanze, assolutamente moderno nel modo di comunicare, incline alla polemica. Un cavaliere dell'anti-europeismo che cercherà di portare in Italia il modello Le Pen. Utilizzando anche tutto quello spazio dell'estrema destra che fino ad oggi era restata ai margini della vita politica. Una sfida che inizia oggi. E che avrà la prossima tappa solo tra sette giorni. A Venezia, per la manifestazione nazionale dei Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni.