sabato 13 dicembre 2014

Bravo Padoan. Andiamo avanti a cambiare l'Italia distruggendo le caste.

Padoan: “Non abbiamo paura della piazza. Sulle riforme andremo avanti” 

Il ministro: nell’eurozona crescita insufficiente, non c’è molto tempo
Il ministro Padoan

13/12/2014
ROMA
«Lo sciopero? Reazioni che non mi sorprendono. Una parte dei sindacati percepisce che stavolta la riforma cambierà veramente il mercato del lavoro». In fondo «la storia delle riforme è fatta anche di conflitti». I sei mesi al timone europeo sono finiti. 
Ammette che la navigazione della grande nave è complicata e lenta. Per ora gli basta vedere la rotta. Seduto nel piccolo tavolo al centro della sua stanza al Tesoro, Pier Carlo Padoan manda messaggi in tutte le direzioni. Non tradisce emozioni. Si innervosisce solo quando riceve un sms che lo costringe a interrompere l’intervista. Sul tavolo ci sono due computer accesi, uno manda in tempo reale lo spread fra Bund, Btp e Bonos spagnoli. 

Ministro Padoan, il semestre di presidenza dell’Unione si chiude fra nuovi timori sulla tenuta della Grecia. Siamo al secondo tempo di un film già visto?  
«In Grecia c’è un momento di instabilità politica legato al rischio di elezioni. Non mi stupisce che i mercati reagiscano con nervosismo. La situazione è delicata, ma è molto diversa da quella del 2011 o del 2012». 

Alexis Tsipras, probabile vincitore delle elezioni, chiede una ristrutturazione del debito. Che ne pensa?  
«Non intervengo nelle valutazioni di altri governi, ma l’esperienza mi dice che una ristrutturazione ordinata del debito sia molto difficile da fare, e dunque che sia un grosso errore ipotizzarla». 

Ciò che sta accadendo in Grecia potrebbe contagiare l’Italia?  
«No, perché allora il contagio fu conseguenza di una debolezza diffusa. La tenuta degli spread italiano e spagnolo dimostra che oggi le conseguenze di crisi specifiche sono circoscritte».  

In Europa non ci sono ancora troppe voci a sovrapporsi?  
«La zona euro ha fatto grandi passi avanti per stabilizzarsi: sia sul lato dei conti pubblici, sia rafforzando il sistema bancario. Abbiamo fatto gli stress test e completato l’Unione bancaria, anche grazie ad un’ultima spinta italiana». 

Che bilancio fa del semestre? Il vostro slogan era «cambiare verso anche all’Europa».  
«Nell’area della moneta unica la crescita è insoddisfacente, peggiore di quella dell’Europa nel suo complesso. Dopo la presentazione del piano Juncker occorre una spinta da parte dei governi. La presidenza italiana è iniziata da qui, e noto con soddisfazione che i temi della crescita sono più centrali di quanto non lo fossero sei mesi fa». 

La sensazione è che i tempi delle decisioni in Europa siano troppo lunghi rispetto a quelli dell’economia.  
«È vero, non c’è molto tempo. Il divario sempre più ampio di crescita con gli Stati Uniti sta lì a dimostrarlo. L’Europa è a un bivio: una strada porta alla stagnazione, l’altra alla crescita. Oggi in Europa si sommano recessione, frammentazione istituzionale, scarsa fiducia reciproca. A queste condizioni è difficile avere una politica economica condivisa». 

Il semestre è stato ispirato da tre parole: riforme, investimenti, occupazione. L’opinione pubblica però fatica a percepire questo nesso. In Italia c’è appena stato uno sciopero generale.  
«Le resistenze non ci sorprendono. A mio avviso una parte del sindacato percepisce che questa volta la riforma cambierà veramente il mercato del lavoro. La storia delle riforme è anche una storia di conflitti - ovviamente democratici - perché le riforme cambiano gli incentivi, le convenienze, le posizioni di privilegio. Accanto alla reazione di chi ha privilegi c’è poi quella legata a una dimensione simbolica: l’articolo 18 è associato a un malinteso senso di protezione».  

Il governo ha bisogno di riforme, ma anche di consenso alla sua sinistra. Non teme le resistenze?  
«Il governo non ha paura. Questa riforma serve ad includere nel mercato del lavoro chi ne è stato escluso. Il dramma italiano è il gigantesco tasso di disoccupazione giovanile. I decreti attuativi del Jobs Act sono quasi pronti e realizzeranno la riforma in modo efficace». 

La polemica fra l’Italia e la cancelliera Merkel non contribuiscono a minare la fiducia reciproca?  
«Nei giorni scorsi è stata estrapolata dal contesto di una intervista una sua frase. Leggendola per intero era evidente che non ci fossero finalità offensive».  

Eppure qualche problema coi tedeschi c’è. Non è dalla Bundesbank che stanno arrivando le maggiori resistenze al piano di espansione monetaria della Bce?  
«Capisco che in Germania si possa avvertire meno la necessità di una politica espansiva, perché l’economia va meglio. Ma è normale che in un consesso di diciotto persone ci siano punti di vista diversi, e che alla fine le decisioni si adottino a maggioranza: è quel che avviene anche alla Fed. Quando le differenze di vedute fra singoli si amplificano a livello europeo, divengono divergenze fra Stati e si alimenta la diffidenza. Per questo bisogna andare oltre la dimensione nazionale». 

Secondo lei alla fine il piano di Draghi passerà?  
«Credo che si arriverà ad un quantitative easing, necessario a scongiurare il rischio oggi molto alto di finire nella pericolosa trappola della deflazione. Anche se sarà meno efficace che negli Stati Uniti, dove il mercato è davvero unico».  

La lettera a Moscovici da parte di Italia, Francia e Germania è una presa di distanze dallo scandalo Luxleaks?  
«Non c’è nesso fra le due cose. La lettera è l’invito alla Commissione ad accelerare i lavori per l’adozione entro il 2015 di una direttiva che permetta di superare il paradosso per il quale, pur restando nella legalità, un’impresa riesca a non pagare o quasi le tasse in Europa». 

La strada decisa dall’Inghilterra, che introdurrà una sorta di Google tax, è percorribile?  
«Non so se arriveremo ad un esito di quel tipo, la discussione è più indietro di così. Durante questo semestre ci siamo resi conto che l’armonizzazione fiscale è una delle cose più difficili da realizzare. In ogni caso quella decisione va interpretata come un segnale importante».  

Il piano Juncker promette di essere operativo solo a giugno.  
«Sì, giugno è lontano. Mentre aspettiamo che il fondo sia operativo, la Banca europea per gli investimenti ha progetti e risorse che possono essere mobilitate subito. Gli chiediamo di essere disposta ad assumersi qualche rischio in più». 

Una delle richieste più decise dell’Italia, e non da ieri, è di introdurre una regola d’oro per scorporare gli investimenti dal patto di Stabilità. Siamo ancora lontani dall’ottenere questo risultato. O no?  
«Il principio della golden rule serve a stabilire che una parte della spesa è migliore di altre, e che per questo merita di essere incentivata. Ci sono progetti di investimento che costituiscono uno spreco, e spesa corrente che migliora l’istruzione, produce innovazione, crea occupazione, come ad esempio quella che utilizzeremo per finanziare il Jobs Act. Dovremmo passare dalla valutazione di intere categorie di spesa a singoli progetti di rilevanza europea». 

A proposito di ostacoli agli investimenti. La vicenda di Roma non è scoraggiante per lei?  
«Queste notizie fanno male, ma sono anche uno stimolo a reagire. Avevamo già istituito un’autorità anticorruzione, questo caso ci spinge ad una reazione ancora più rabbiosa».  

C’è chi sostiene la seguente tesi: la corruzione in Italia non è superiore a quella di altri Paesi, ma in Italia c’è un atteggiamento autolesionista che spinge a ingigantire singoli casi.  
«Non so se in Italia ci sia più corruzione o meno che altrove, ma è vero che nel dibattito pubblico c’è un gusto quasi sadico nel trovare gli aspetti più maliziosi, e questo può alimentare la cosiddetta corruzione percepita». 
Twitter @alexbarbera  

Come alcuni magistrati onesti e seri possono cambiare un paese.

Mafia Capitale, così la nebbia ha lasciato la Procura di Roma. L'organizzazione punta sul "Capitale umano" (FOTO, VIDEO)

Pubblicato: Aggiornato: 
PORTO NEBBIE

La nebbia si è dissolta. E nel porto adesso può riprendere la navigazione. Che era ferma da anni, decenni, c’è chi dice da sempre, perché così vanno le cose nella Capitale: si gira si gira ma in tondo, ché tanto il porto è grande e ce n’è per tutti. Nonostante e grazie alla nebbia.
La decisione con cui venerdì sera il giudice Bruno Azzolini, presidente della III sezione del Tribunale di Roma, ha blindato l’accusa di mafiosità nei confronti del generone rosso-nero che è l’ossatura di Mafia Capitale corrisponde a quel momento in cui sale la brezza, il freddo e caldo non condensano più l’umidità, la nebbia viene spazzata via. La contestazione del reato 416 bis regge e viene confermata dal terzo giudice (quello del Riesame dopo il gip e l’altro del sequestro dei beni) in poche settimane. Carminati e soci restano in carcere come gli altri 21 dei 39 arrestati con l’accusa, tra le altre, di associazione mafiosa (tra i 40 indagati, il 416 bis è contestato in 16 posizioni). 
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Mafia Capitale, l'arsenale dell'organizzazione
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Le vie del diritto e della giurisprudenza sono quasi infinite (perdonate l’ossimoro). E ci sarà ancora una lunga battaglia legale per dimostrare che “a Roma la mafia non c’è”, che la “vera mafia sta altrove” e che questi sono “delinquenti comuni che rubano, certo, ma che c’entra la mafia”. La storia e la cronaca ci insegnano che il primo indizio di mafiosità è negare la mafia. “I boss babbiano sempre” ha ben scritto e raccontato Francesco Merlo su Repubblica pochi giorni fa. Intanto però a Roma la mafia c’è. E lo scrivono i giudici. 
L’istruzione di questa indagine e del processo che ne seguirà rinvia simbolicamente, pur nella diversità dei numeri e dei fatti, alla seconda metà degli anni ottanta quando a Palermo un gruppo di giudici tra cui Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Antonino Caponnetto, Leonardo Guarnotta, Giuseppe Di Lello e Piero Grasso misero in piedi il primo maxi processo a Cosa Nostra. C’erano stati 200 morti ammazzati tra cui il generale Dalla Chiesa, tanti giudici e poliziotti, politici come Pio La Torre che con Rognoni nel 1982 aveva scritto il reato di associazione mafiosa. Per la prima volta la giustizia, lo Stato erano riusciti a connettere i fili di una storia criminale che tutti vedevano ma nessuno voleva collegare. Perché prevaleva la voce dei boss che ripeteva: “Cosa Nostra? Noi la chiamiamo amicizia”. 
Giuseppe Pignatone è diventato procuratore di Roma nel febbraio 2012. Pochi mesi dopo lo ha raggiunto un magistrato che è un po’ il suo alter ego, Michele Prestipino. Hanno lavorato insieme prima a Palermo e poi a Reggio Calabria. Nel 2006 hanno arrestato, dopo 40 anni di latitanza, Bernardo Provenzano. Arrivano a piazzale Clodio e cercano di rispondere a una domanda che non ha risposte da decenni: esiste la mafia a Roma? Posta la questione, l’analizzano secondo un metodo empirico e logico. Quasi banale. Che possiamo riassumere in quattro mosse. Tanto semplici quanto rivoluzionarie. Come spesso accade alla verità. 
1) Il lavoro di squadra. Gli uffici della più grande cittadella giudiziaria d’Italia sono un mondo complesso, pieno di incrostazioni, dove la regola principe è sempre stata il compromesso. Fare senza strafare. Agire ma sapendo che la politica ha i suoi tempi, i suoi metodi e riti. Ecco che Pignatone ha riorganizzato l’ufficio lasciando da parte alcuni colleghi certamente per bene ma troppo “timidi” per segnare una discontinuità. E ascoltato le voci, rimaste isolate, di pm e sostituti che invece sostenevano che certi dubbi vanno approfonditi. 
2) Il monitoraggio ragionato e organico dei fascicoli. “Abbiamo solo letto insieme tanti fascicoli già avviati da altri colleghi” ha ammesso Pignatone davanti all’Antimafia. C’era l’indagine per minacce, quella per violenza privata, l’altra per droga, altre sparse su vari episodi di corruzione nella pubblica amministrazione (Ama, Atac, Eur spa, Finmeccanica etc), esposti sui costi esorbitanti nella gestione dei campo rom. Chiamati a raccolta i titolari dei fascicoli, sono emerse subito le connessioni: nomi, luoghi, momenti. Pezzi di un puzzle che aveva un’unica cornice. Bastava volerla vedere.
3) Le modalità operative della Direzione distrettuale antimafia. Che ha seguito due direzioni: a) Non si è cercata la quantità ma la qualità. Ad esempio: meno arresti per spaccio spicciolo e maggiore attenzione a ricostruire l’organizzazione dello spaccio. Anche perché la droga è da sempre il business delle organizzazioni criminali. b) E’ stato privilegiato il binario del sequestro dei beni dei gruppi criminali. Un miliardo 200 milioni nel 2014 e 700 nel 2013, il triplo e il doppio degli anni precedenti. Follow the money, il precetto di Falcone.
4) Il “capitale sociale”. Chi segue queste vicende ricorderà l’espressione coniata nell’inchiesta Crimine Infinito (2011) quando Milano (Ilda Boccassini) e Reggio Calabria (Pignatone) dimostrarono come la ’ndrangheta faceva affari al nord utilizzando una rete di professionisti insospettabili nella politica, nei tribunali e tra i manager. Per la prima volta la procura non ha avuto timore di guardare negli occhi “il capitale sociale” di Roma e della sua organizzazione criminale. Saltano fuori i 18 politici coinvolti, dall’ex sindaco Gianni Alemanno al presidente del consiglio comunale Mirko Coratti (Pd), passando per assessori comunali e regionali e sindaci della provincia. Salta fuori il commercialista, uno dei più noti in città, Luigi Lausi (indagato per associazione mafiosa), che siede in decine di cda e collegi revisori ed è amministratore giudiziario di enti (Eur spa) e di patrimoni mafiosi (Fasciani). Lausi consuma, con la stessa facilità, aperitivi con l’ex Nar e cene con i principali notabili della città, compresi vertici investigativi e giudiziari. 
C’è l’avvocato penalista, Gianpaolo Dell’Anno, figlio del giudice di Cassazione che era nel collegio di Carnevale, sposato con un giudice che è dirigente in un importantissimo, vitale ufficio istituzionale. Lo studio di Dell’Anno è considerato nelle indagini “il luogo d’incontro dei vertici delle associazioni criminali in città e nel Lazio”. Spunta Luca Odevaine, il regista dell’emergenza immigrati, quello che dettava luoghi e costi, con le sue ramificazioni in prefettura e al Viminale ancora tutte da approfondire. Quando erano a Reggio, Pignatone e Prestipino dissero che “bisogna stare attenti a chi si dà la mano in città”. A Roma non l’hanno ancora detto. Ma forse lo pensano.
Quattro mosse. Il risultato è Mafia Capitale, organizzazione “originale”, “originaria”, che “privilegia la corruzione ai morti per strada” ma che usa violenza, intimidazione, omertà per fare affari. E con “un capitale umano” ancora molto da scoprire. Un “mondo di mezzo” che forse non vuole scoprirsi né accettarsi come complice.

Gli atteggiamenti autoritari cara Bindi sono quelli dei sindacati.

Rosy Bindi attacca Renzi: “Atteggiamenti autoritari”

Pubblicato il 13 dicembre 2014 da Emanuele Vena 
Come al solito non le manda a dire. Rosy Bindi, ex presidente del PD ed ora Presidente della Commissione parlamentare Antimafia, torna sulla situazione difficile all’interno del proprio partito. E, intervistata dal quotidiano Repubblica, attacca nuovamente il premier Matteo Renzi, dopo le bordate riservategli negli ultimi tempi. L’ex presidente PD stoppa eventuali ipotesi di appoggio incondizionato al premier a proposito della riforma della Costituzione. E lo fa con parole categoriche: “Non credo che per la riforma della Costituzione si debba obbedienza né al governo né al partito”.
Rosy Bindi prova a stemperare le tensioni, dichiarando di non voler spingere il muro contro muro verso una frattura definitiva: “Non ho intenzione di mandare a casa il governo nè di andare via dal Pd che ho fondato”. Tuttavia, ribadisce come debba essere il premier a fare il primo passo: “Va superata l’indisponibilità ad accogliere le poche modifiche chieste che potrebbero essere concordate con il Senato”. E aggiunge: “ci vuole più condivisione delle scelte”.
rosy bindi

Rosy Bindi, il PD e l’atteggiamento di Renzi

All’ex presidente del PD non va giù né l’atteggiamento dimostrato dal premier Renzi né le politiche attuate dal governo in carica: “Un partito di sinistra, che è al governo, non può essere così lontano dai problemi dei lavoratori e il successo dello sciopero generale ne è la dimostrazione». E ancora: “non credo che Renzi stia facendo politiche di sinistra ma soprattutto è il metodo che rischia di creare conflitto nel paese: ogni giorno ci si inventa un nemico nuovo per giustificare atteggiamenti decisionistici e anche un pò autoritari“.
Da Rosy Bindi una risposta secca anche all’attuale vicesegretario del PD, Debora Serracchianiche aveva accusato l’attuale presidente della Commissione parlamentare Antimafia di voler porre in essere un asse con Massimo D’Alema per mandare a casa il premier: “Premiata ditta? Non esiste. Per me l’unica premiata ditta è il PD. E non c’è quindi alcun sodalizio per mandare a casa Renzi”. E riguardo al proprio futuro, dichiara: “penso sia la mia ultima legislatura“.

Ma basta!!!!!! E allora vattene!!!!!! Hai stufato tutti!!!!!

Pd, Civati minaccia la scissione: «Se Renzi
continua così faccio un nuovo partito»

Il parlamentare Pd: «Se il premier si presenta con il Jobs act e con le cose che sta dicendo alle elezioni a marzo non saremo candidati con lui»

BOLOGNA - «Un nuovo partito a sinistra del Pd si costituirà se Renzi continua così». Il leader di una delle minoranze interne al Pd, Pippo Civati, a Bologna insieme a Corradino Mineo (è attesa anche Rosy Bindi) per una convention con l’ala sinistra del partito fa capire che il momento della rottura è ormai arrivato. «Se si va a votare a Marzo e Renzi va avanti con il Jobs act e con il resto non saremo candidati con lui». 
PRODI AL QUIRINALE - All’incontro in un locale di piazza Verdi nella zona universitaria ci sono anche Nicola Fratoianni di Sel, Silvia Prodi, neoeletta consigliere regionale nipote dell’ex premier e Vittorio Prodi, ex presidente della Provincia ed europarlamentare e fratello di Romano. Civati, incontrando i cronisti al suo arrivo, ha proposto poi di candidare Romano Prodi alla presidenza della Repubblica: «Ci vuole Romano o uno equivalente». La sala è strapiena e sono arrivati diversi esponenti del Pd, del sindacato e della società civile. Il disegno politico di Civati guarda anche ai dissidenti del Movimento Cinque Stelle: «Sono rimasto deluso da Pizzarotti, pensavo dimostrasse più coraggio».
A Bologna la convention di Civati

    Devo ricominciare a leggere il Corriere della Sera con più frequenza.

    Il “Corriere della Sera” si schiera contro lo sciopero generale con Di Vico e Cazzullo

    SABATO, 13 DICEMBRE 2014
    Il “Corriere della Sera” di sabato 13 dicembre 2014 si schiera contro lo sciopero generale. Il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli è l’unico giornale nazionale a non dedicare un titolo in prima pagina alla mobilitazione di Cgil e Uil, ma un commento molto critico firmato da Dario Di Vico. Il titolo, si sarebbe detto una volta, è tutto un programma: ” Le tante piazze del sindacato. I pochi distinguo dagli antagonisti”. Di Vico dedica interamente la sua analisi alle violenze registrate in alcune manifestazioni, a Torino, Milano e Roma, criticando la Cgil e la Uil per non esserne dissociate. I sindacati sono accusati dal commento del “Corriere” di non aver condannato gli estremisti perché “gli antagonisti servono per far massa critica” alle manifestazioni. Inoltre, sempre per Di Vico, lo scontro tra polizia e manifestanti sarebbe funzionale all’esasperazione del disagio sociale su cui si basa l’iniziativa in particolare della Cgil. Il sindacato di Camusso e Landini è ritenuto responsabile dell’aver stretto relazioni sempre più strette con Cobas e centri sociali, al fine di rafforzare la sua iniziativa di contrapposizione al governo Renzi. ” È ovvio che quando si tratta di combattere un piccolo Thatcher non si può andare troppo per il sottile, se si deve abbattere una dittatura il fine è così nobile che oscura i mezzi”. Di Vico attribuisce le maggiori responsabilità di questo pericoloso intreccio, secondo lui alla causa del ferimento di 11 agenti nelle manifestazioni di ieri, alla Fiom di Landini, ma rimarca come ” il guaio (sia) che la Cgil ha immagazzinato queste relazioni e se ne è dissociata solo a posteriori. Quando cioè undici poliziotti erano già stati feriti dai manifestanti”. L’analisi si conclude con un invito al “rinsavimento”, e un monito a Cgil e Uil a espellere i violenti dai loro cortei. Un altro inviato ed editorialista del “Corriere”, Aldo Cazzullo ha invece criticato aspramente la chiusura della pinacoteca di Brera, resa inaccessibile ai turisti dall’astensione dal lavoro di coloro i quali avevano aderito allo sciopero generale. Secondo Cazzullo ” lo sciopero ha causato problemi e danni molto più gravi. Ma le sedie messe di traverso e il buio di Brera sono una metafora efficace del momento che attraversa il Paese.  Che troppe volte non è all’altezza di se stesso”.

    25 COMMENTI

    1. chiara macconi · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:46 Pm
      mi ha molto colpito e preoccupato che Radio 3 tutto il giorno ha trasmesso musica…mi è sembrato troppo!
    2. daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:26 Pm
      c’è qualcuno che ha tutto l’interesse che una manifestazione pacifica degeneri facendo così in modo che i media si occupino delle violenze anziché delle motivazioni della protesta;
      e questo qualcuno non è certo chi partecipa alla manifestazione o chi l’ha organizzata!
      non è difficile, pensateci un po’.
    3. alberto I · Sabato, 13 Dicembre 2014, 4:43 Pm
      Il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli è l’unico giornale nazionale a non dedicare un titolo in prima pagina alla mobilitazione di Cgil e Uil, ma un commento molto critico firmato da Dario Di Vico.
      ——————————–
      Il Corriere della Sera ha fatto bene! Proprio
      quello che è giusto fare in simili circostanze.
      Lo sciopero generale è uno sciopero politico
      indetto da sindacati che avevano solo delle
      ragioni parziali da far valere,in ogni caso,
      è costato al paese cinque miliardi di PIL.
      Ed alcune richieste chiaramente demagogiche,come l’estensione degli 80 euro
      ai pensionati(i quali avrebbero dovuto già
      beneficiare di una parte dei 10 miliardi messi
      a disposizione per il bonus),mentre ora con
      questa richiesta strampalata si dovrebbero
      reperire dal bilancio dello stato oltre 20
      milardi di euro.
      Come chiedere la luna!
    4. Normalita' · Sabato, 13 Dicembre 2014, 2:50 Pm
      Che al Corriere non amino il sindacato e’ normale. Che sostengano il Blair italiano e’ normale. Che confondano le camere del lavoro con i facinorosi che sempre si intrufolano nelle manifestazioni, ecco questo non e’ normale.
    5. Gianni · Sabato, 13 Dicembre 2014, 2:22 Pm
      Scusate sommessamente ai tanti commentatori, io sono per il dialogo e il confronto anche aspro, ma che centra la violenza fisica, lo spaccare vetrine ,auto, dar fuoco ai cassonetti dell’immondizia, usare bombolette spray per verniciare muri,portoni ecc. Questo ho visto fare dagli antagonisti. Ma di che state parlando, se codesto è il modo di proporsi degli antagonisti, mi spiace per voi ma non arriverete da nessuna parte, sarete una minoranza inutile condannata da tutti ergo così “non servite a nulla” ,solo allo smodato egocentrismo degli sfigati di turno.
      • Normalita' · Sabato, 13 Dicembre 2014, 2:52 Pm
        Infatti, questi facinorosi non hanno nulla da spartire con gli scioperanti, al di la’ di qualsiasi giudizio politico sulla bonta’ o meno di uno sciopero.
      • Mah.. · Sabato, 13 Dicembre 2014, 4:49 Pm
        Confondere scioperanti che scioperano in cortei autorizzati i quali devono rispettare itinerari e orari e che per ogni giorno di sciopero ci rimettono giorni di salario, (e non mi risulta abbiano mai danneggiato nulla), con facinorosi e/o vandali e/o antagonisti o centri sociali mi sembra cosa abbastanza grave.. sei un tantinello confuso, perdonami.
        • Pflying · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:17 Pm
          Ok, ma è anche e soprattutto responsabilità del servizio d’ordine interno ai sindacati l’isolare i facinorosi. E tante volte in passato lo hanno fatto. Ma questa volta no e il motivo è semplice: senza le violenze lo sciopero avrebbe guadagnato molta meno presenza sui media. Da qui il calcolo cinico di lasciar fare agli antagonisti per far “risuonare” lo sciopero. Per poi – solo dopo – astenersi. Io ho visto tante manifestazioni in cui le brave persone cacciavano a calci i violenti. Ora li invitano a partecipare…
    6. Liberatidalnano · Sabato, 13 Dicembre 2014, 1:44 Pm
      daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 12:28 Pm
      domandati piuttosto del perché ci sono gli antagonisti.

      Sicccome ho qualche anno più di te , ti posso garantire che gli antagonisti ci sono sempre stati. Lo sono stato anch’io ai tempi dell’università nel 68 e ti assicuro che quanto a botte ricevute dalla polizia non si scherzava. il problema è che gli antagonisti di oggi ,
      in maggioranza non sanno quello che vogliono, non hanno un progetto: hanno già tutto
      • alberto I · Sabato, 13 Dicembre 2014, 4:28 Pm
        il problema è che gli antagonisti di oggi ,
        in maggioranza non sanno quello che vogliono, non hanno un progetto:
        ————————————
        Neppure voi avevi un progetto,ma solo la
        voglia di mettervi in mostra,esattamente come
        oggi.
        Chi va in piazza per usare l’asta della
        bandiera come arma,è sicuro che non possiede
        nessun progetto.
    7. Peru · Sabato, 13 Dicembre 2014, 12:41 Pm
      Il corriere della sera preferisce CrolloDeiConsumi-Deflazione-Stagnazione-Recessione-Vaffazione-ecc…di MERD…kel.
      • Mah.. · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:04 Pm
        I giornali invece che “venditori di notizie”, sono nel loro DNA “venditori di opinioni”, lo sono da sempre.. in pratica ti vendono la propaganda di quel partito o di quel potere di cui sono servi. Ma è così da sempre. Di cosa ci si stupisce o ci si lamenta? Paghiamo la propaganda quando leggiamo i giornali, e purtroppo la paghiamo anche pagando il canone RAI. Tv di stato che tutto è tranne che libera. Tutto nella prassi di tenere le briglie dell’opinione pubblica.
    8. Peru · Sabato, 13 Dicembre 2014, 12:38 Pm
      Sicuramente Schettino ha i suoi torti,
      ma che dire di Costa e Capitanerie di porto, Guardie costiere, ecc…
      che non solo non hanno mai sanzionato chi effettuava i vari inchini,
      ma li hanno addirittura pretesi pena il declassamento del comandante della nave,
      Venezia compresa fino a quando non succede un’ altra catastrofe????
    9. daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 11:57 Am
      il corriere è sempre stata l’espressione dei poteri forti, cosa volevi che dicesse?
      tranquilli, quelli che loro chiamano antagonisti sono destinati ad aumentare di numero e troveranno consensi sempre maggiori.
      • giacco · Sabato, 13 Dicembre 2014, 12:23 Pm
        Gli antagonisti vanno massacrati di botte e spediti al lavori forzati, ad aggiustare quello che hanno distrutto.
        • daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 12:28 Pm
          domandati piuttosto del perché ci sono gli antagonisti.
      • alberto I · Sabato, 13 Dicembre 2014, 4:31 Pm
        Caro Daniele,sei smentito da Casaleggio.
        Lui si augura che non aumentino i portatori
        di violenza.
        • daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 4:55 Pm
          anche io me lo auguro ma so che non sarà così;
          e anche casaleggio, stai tranquillo!
        • daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:18 Pm
          vedi alberto, sai perché sono certo che aumenteranno i portatori di violenza?
          perché so che le proteste di piazza si faranno sempre più pressanti e più numerose;
          e quando il potere si accorge che è in difficoltà e non è più in grado di fermare il malcontento cerca con ogni mezzo di screditare e di fa degenerare le manifestazioni di piazza, indovina come?
          è sempre stato così, possibile che la storia dei decenni passati non ti dica niente?
          non so che età tu abbia ma sei giovane studia un po’.
          (sai cos’è la strategia della tensione?)
        • daniele- · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:20 Pm
          sei giovane>se sei giovane
      • Mah.. · Sabato, 13 Dicembre 2014, 5:13 Pm
        Durante un’intervista il pacifico e pacifista Eugenio Finardi, diceva che lui sia sempre stato legato ad una certa idea di sinistra, e che ora col Pd di Renzi si trovi alla sua età ad essere considerato un ..antagonista. Tra gli artisti ed intellettuali non è il solo però.. da Guccini a De Andrè alla Mannoia, Morandi, persone rispettabili e tutt’altro che idiote.. tutte hanno espresso forti critiche sul “partito della nazione”, e Finardi aggiunge “Partito unico o della nazione?? Ma quello è ciò che avviene in Corea! Ma quale modernità e democrazia!”
    10. Peru · Sabato, 13 Dicembre 2014, 11:49 Am
      Caro Renzi,
      con tutto il rispetto per l’ ottimo papa Francesco,
      ti conviene andare a trovare i sindacati
      che possono darti qualche valido suggerimento socio-politicio-economico,
      rispetto ad un capo religioso
      che non è nemmeno in grado di garantirti provatamente
      di non trovarti tuo malgrado davanti alla tua morte una qualunque dei miliardi di divinità
      inventati da miliardi di speci intelligenti su miliardi di pianeti abitabili
      già solo dell’Universo conosciuto
      probabilmente nulla rispetto all’ intera realtà esistente
      che la Scienza ritiene sempre più infinita tanto nello Spazio, quanto nel Tempo, quanto nella Materia,
      totalmente priva di Origine, Fine, Centro, Scopo, Bene, Male, Merito, Demerito, Virtù, Colpa, Premio, Punizione, ecc…
      ASSOLUTI!!!!
    11. la liberta' non ha colore · Sabato, 13 Dicembre 2014, 11:41 Am
      Questa gente e’ abituata a pontificare dall’ alto dei finanziamenti pubblici ai giornali .
      Gente col c.ulo al caldo , anzi caldissimo .
      Meglio non dire altro !
    12. Giorgio Soro · Sabato, 13 Dicembre 2014, 10:32 Am
      Pensavo che il “Corriere” fosse piu’ maturo nell’analizzare questi problemi.
      • Alpado · Sabato, 13 Dicembre 2014, 1:11 Pm
        Maturare all’interno di un frigorifero che blocca la maturazione per mantenere tutto come il potere economico vuole e pretende dai suoi portatori d’acqua?
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