sabato 18 maggio 2013

Caro Gennaro vi siete resi conto di chi sono i grillini solo oggi? Non Alpitur? Ahi, Ahi, Ahi......


Quando il MoVimento 5 Stelle prese i voti della maggioranza

18/05/2013 - Gennaro Migliore ricorda la circostanza

Quando il MoVimento 5 Stelle prese i voti della maggioranza
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“Quando abbiamo votato Luigi Di Maio come vicepresidente della Camera, insieme al Pd, non mi pare che facesse tanti distinguo con noi. Quando il M5S si e’ fatto eleggere il presidente della giunta delle elezioni della Camera con i voti della maggioranza non mi pare che si siano sentite voci risentite. Quando il Pd e il Pdl hanno lasciato che il M5S eleggesse tutti i vicepresidenti e tutti i segretari di opposizione abbiamo visto la dedizione verso ogni tipo di carica”. Lo afferma il capogruppo di Sel alla Camera Gennaro Migliore, a proposito delle presidenze di Copasir e commissione di Vigilanza Rai.

IL MOVIMENTO 5 STELLE E LE POLTRONE
 – “Sel non ha chiesto mai nulla e non e’ certo un demerito -aggiunge Migliore- aver eletto in parlamento persone la cui storia personale va oltre le spartizioni che il vicepresidente Di Maio evoca. Ma che razza di cultura e’ quella che chiede, ottiene e piange. Il valore di Laura Boldrini e’ indiscutibile, tant’e’ che neppure Di Maio, obbedendo alla linea del suo leader, puo’ evitare di dirlo. Adesso, per evitare di dare un giudizio sulla candidatura di Claudio Fava, oggetto di una infame campagna denigratoria da destra a mezzo stampa, parla di opposizioni con la O maiuscola o minuscola”. Attenzione ai pensieri minuscoli, alla delegittimazione di chi siede in parlamento. Se noi diciamo ‘votate Fava come presidente del Copasir’ non ci possono rispondere noi siamo piu’ grandi e voi non dovreste neppure esserci. Noi ci siamo, siamo all’opposizione, abbiamo uomini e donne di cui siamo orgogliosi. Se uno vale uno, trovate almeno una scusa migliore”, conclude il presidente dei deputati di Sel.

I grandi giornalisti italiani che lasciarono solo un uomo perbene.






25 anni fa moriva il popolare conduttore di Portobello. Un grande uomo. Una persona perbene. Adesso tutti ricordano l'errore giudiziario per motivi strumentali ma il problema vero fu l'informazione vergognosa data a quei tempi. Perchè nel nostro paese vi è un problema serio di libertà di informazione.

Tortora: come un innocente fu linciato dai giornali

Il 17 giugno 1983 veniva ingiustamente arrestato, ma la stampa non ebbe dubbi e infierì senza pietà
L’arresto di Enzo Tortora
«Mi pare che ci siano gli elementi per trovarlo colpevole: non si va ad ammanettare uno nel cuore della notte se non ci sono delle buone ragioni. Il personaggio non mi è mai piaciuto. E non mi piaceva il suo Portobello: mi innervosiva il pappagallo che non parlava mai e lui che parlava troppo, senza mai dare tempo agli altri di esprimere le loro opinioni. Non mi piaceva neppure il modo con cui trattava gli umili: questo portare alla ribalta per un minuto la gente e servirsene per il suo successo personale era un po’ truffarla. Il successo ottenuto così si paga. Non dico che tutti quelli che hanno un successo di questo genere finiranno così, ma lui lo sta pagando in questo modo. Non ho per ora elementi per dire di più.»Camilla CedernaDomenica del Corriere
«Enzo Tortora rivela una calma addirittura sospetta al momento dell’arresto. Le labbra mosse con flemma, i muscoli del collo e della faccia tirati e la voce compassata sembrano voler ricordare e riprodurre a tutti i costi il personaggio del piccolo schermo, amato dalle massaie.» Marino Collacciani, Il Tempo
«Dosando con grande mestiere indignazione e sbigottimento ha retto bene la parte della vittima innocente.» Wladimiro Greco, il Giorno.
«Il suo arresto conferma quello che chiare indicazioni davano già per sicuro, e cioè che Tortora è un personaggio dalle mille contraddizioni. Ligure spendaccione, se non proprio generoso, giornalista e quindi osservatore ma al tempo stesso attore e portato all’esibizione, umorale e tuttavia al servizio del più rigoroso raziocinio, colto (come ama anche ostentare in tv) eppure votato alle opere di facile popolarità, incline a un’affettazione non lontana dall’effeminatezza ma notoriamente amato dalle donne e propenso ad amare le più belle (due mogli e falangi di amiche). Moralista infine – proprio questo il sigillo che l’arresto imprime alla sua sfaccettata personalità – e ora colpito da un’accusa che fa di colpo traballare ogni sua credibilità morale.» Luciano Visintin, Corriere della Sera
«Desta qualche sospetto quando fa di tutto per nascondere la sua vita privata, quando conduce sotto l’insegna dell’ordine una vita personale tutt’altro che ordinata assumendo nello stesso tempo atteggiamenti da moralista o da Catone il Censore. I moralisti o i moralizzatori sono sempre da salutare con favore, specialmente in tempi come quelli che viviamo, ma a condizione che non bistrattino con l’azione i loro princìpi, che conducano una vita irreprensibile.» Costanzo Costantini, il Messaggero
«Tempi duri, durissimi, per gli strappalacrime.» Giovanni Arpino, il Giornale.
«Qualcuno a Milano dice che quando era stato licenziato dalla Rai lo si poteva vedere, di notte, in un giro di balordi. Qualcun altro si meravigliava di averlo incontrato spesso, anche in questi ultimi tempi, sugli aerei Roma-Palermo, Palermo-Roma. Che interessi poteva avere Tortora in Sicilia? E poi, per chi lo conosce bene, c’è un altro elemento inquietante: Tortora, di solito violento a parole nel difendersi e così conscio del potere dei giornali e della tv, quando è uscito dalla questura di Roma aveva a sua disposizione televisione e giornalisti: poteva dire quello che voleva; invece, a parte generiche dichiarazioni di innocenza, non ha avuto le reazioni che gli erano solite.» Alessia Donati, Novella 2000
«Tortora non può, non deve diventare un simbolo. Egli è solo uno dei tanti, tantissimi pessimi esempi dell’italiano che, sotto la lacrimuccia televisiva, nasconde il suo ardore per il danaro: e quindi è disponibile a tutto.» Luigi Compagnone, il Secolo XIX
«Anche perché lo spaccio operato da Tortora non consisteva certo in stecchette o bustine, ma in partite di 80 milioni a botta. Un’attività durata anni e stroncata solo ultimamente, secondo indiscrezioni, per uno sgarro commesso dal noto presentatore. E ancora, pranzi e cene con noti e meno noti camorristi, incontri segreti, rapporti, inchieste, raccomandazioni, suggerimenti, appalti.» Daniele Mastrogiacomo, la Repubblica
«Era un po’ malinconico, non tanto perché costretto a camminare con le mani ammanettate e la scorta dei carabinieri, ma perché è arrivato sul teleschermo senza il suo concubino pappagallo.» Sergio Saviane
«Dicono che la tv di Stato è una droga. Mai detto è stato più vero dopo l’arresto di Tortora.» Elzeviro sul Giornale Nuovo attribuibile a Indro Montanelli
Non manca neppure la vignetta di Giorgio Forattini sulla prima pagina de la Stampa: il pappagallo di Portobello che, rinchiuso in gabbia, esclama “Portolongone!!!” (il carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro, ndr).


Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/enzo-tortora-cosa-scrivevano-giornali#ixzz2Tgegynku

Mentre padri di famiglia si uccidono loro ancora non sanno dire quale sarà il prossimo stipendio. Ma chi abbiamo messo al governo?









M5s, niente fondo per lo stipendio: dovranno tenere la diaria, per ora…

Pubblicato il 18 maggio 2013 13.01 | Ultimo aggiornamento: 18 maggio 2013 13.01


ROMA – Lo stipendio dei cittadini del Movimento 5 stelle per ora resta intero. Dopo le tensioni conBeppe Grillo, che ha chiesto di “non fare la cresta sulla diaria” e la decisione di rendicontare tutte le spese, nasce un solo problema. Dove mettere i soldi da restituire? Il fondo in cui  depositare i soldi in eccesso tra stipendio e diaria, ad oggi, ancora non esiste.
Annalisa Cuzzocrea scrive su Repubblica:
“I parlamentari li stanno custodendo sui loro conti in attesa di capire come fare a creare quel fondo che finora è stato loro negato. Lì dovrebbero confluire la metà dell’indennità base e quel che non viene speso dei rimborsi, più i soldi delle doppie indennità di carica e del tfr che i 5 stelle rifiutano. Oltre 5 milioni di euro all’anno. E però, finora i tentativi di “restituzione” sono andati a vuoto”.
Il primo problema è nato con la richiesta all’ufficio di presidenza della Camera di istituire un fondo in cui i parlamentari M5s avrebbero potuto mettere i soldi, e nel quale gli altri gruppi parlamentari avrebbero potuto fare donazioni, per poi indirizzare i fondi raccolti a iniziative benefiche. Ma il collegio dei questori ha risposto picche per “la chiara connotazione volontaristica e personale della restituzione“.
Una problema contro cui si scaglia Luigi Di Maio, che cita il caso dell’Assemblea Regionale Siciliana:
“Ma non è affatto vero – racconta accorato il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio – il consigliere regionale Giorgio Ciaccio ci ha spiegato come loro facciano dei bonifici direttamente all’Assemblea, che poi li gira all’assessorato competente”.
Ma i parlamentari M5s non rinunciano a restituire lo stipendio:
“Il secondo tentativo è stato un emendamento al decreto per il pagamento dei debiti della Pa con il quale si istituiva un fondo per il microcredito alle piccole e medie imprese aperto alla contribuzione di tutti i cittadini. La proposta non è passata alla Camera. «Ci riproveremo al Senato», promette ancora Di Maio, ma ha poche speranze che le cose possano cambiare. Così la prossima mossa sarà quella di andare a parlare con il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. «I questori ci hanno suggerito di aprire un conto privato, ma noi quel fondo non vogliamo gestirlo, deve farlo lo Stato»”.
Nel percorso lastricato di buone intenzioni, da parte di quasi tutti i parlamentari guidati da Beppe Grillo, arriva così il duro scontro con la realtà. Una realtà fatta di complicazioni burocratiche e di mal di pancia tra gli stessi parlamentari M5s, divisi tra chi voleva restituire e rimanere fedele alla linea dei “2500 euro e basta” e chi invece di doversi tenere la diaria e i rimborsi per intero, causa mancanza fondo dove destinarli, non sarà poi così scontento.

Il Papa ha ragione. Prima gli uomini.














CHIESA

Il papa: «La crisi? È preoccuparsi delle banche mentre c'è chi muore di fame»

Francesco si scaglia contro le leggi dell'economia. E dice: «Serve etica anche nella vita politica».
Bagno di folla a San Pietro: in 200 mila alla veglia di Pentecoste.L'incontro con Merkel.

Un bagno di folla. San Pietro invasa da una marea umana. Sono oltre 200 mila gli aderenti a movimenti e associazioni ecclesiali che hanno incontrato il papa perla veglia di Pentecoste sabato 18 maggio. Presenti in piazza circa 150 movimenti, tra cui Cl, Azione cattolica, Focolari, Sant'Egidio, Neocatecumenali, Rns e scout, tra canti, preghiere e letture bibliche.
Il Papa ha invitato tutti a dare soprattutto 'testimonianza' della propria fede. E pensando ai tanti cristiani perseguitati, ha sottolineato che «ci sono più martiri oggi che nei primi secoli della Chiesa», ma «un cristiano deve sempre saper rispondere al male con il bene» .
Un occasione che Bergoglio non si è lasciata sfuggire per mettere al centro la necessità di non perdere di vista l'etica. Nella vita privata come nella vita pubblica. «Nella vita pubblica, politica se non c'é l'etica tutto è possibile, tutto si può fare». Anche con conseguenze negative, ha fatto intendere papa Francesco.
PENSARE AGLI UOMINI, NON ALLE BANCHE. E questa è stata l'occasione per lanciare un messaggio, per nulla velato, alle priorità sbagliate che oggi il mondo si è data. A partire proprio dall'economia. La vera crisi? «Preoccuparsi della banche quando la gente sta morendo di fame», ha detto il papa. «Se cadono gli investimenti, le banche, questa è una tragedia, se le famiglie stanno male, non hanno da mangiare allora non fa niente: questa è la nostra crisi di oggi. La Chiesa povera per i poveri va contro questa mentalità».
NO A CHIESA COME UNA ONG. E in questo quadro il rolo 'attivo' della Chiesa è più che fondamentale, anche se ha poi voluto sottolineare che non si tratta di un «movimento politico, né una struttura ben organizzata». «La chiesa non è una Ong e se diventa una ong perde il sale è diventa solo una vuota organizzazione». Per papa Francesco quella attuale è una crisi profonda Non solo economica ma, cosa ancora più grave, umana. «Stiamo vivendo una crisi dell'uomo».
E per questo Bergoglio ha voluto sottolineare l'importanza per i cristiani di non rimanere chiusi in se stessi ma di imparare ad aprirsi al mondo. Perché, ha detto, «una Chiesa chiusa  in se stessa rischia di ammalarsi».
LA CULTURA DELL'INCONTRO. «Preferisco mille volte una Chiesa incidentata, che subisce degli incidenti, piuttosto che una Chiesa malata per chiusura». Quindi andare incontro agli altri, combattere la «cultura dello scontro, la cultura della frammentazione». E anche la 'cultura dello scarto', quella che emargina anziani e bambini.
«Dobbiamo fare con la nostra fede una cultura dell'incontro, una cultura dell'amicizia dobbiamo andare incontro a chi non la pensa come noi, perché tutti sono figli di Dio, senza negoziare la nostra presenza», ha detto il papa.
«Non dobbiamo essere cristiani inamidati, come persone che prendono il té: dobbiamo essere cristiani coraggiosi, andare incontro a quelli che sono la carne di Cristo».
UN'OMELIA DI 40 MINUTI. Ha parlato a braccio per quasi 40 minuti, il pontefice, anche con molti momenti sorridenti. Come quando ha raccontato della nonna che da bambino gli ha fatto incontrare la fede. O della confessione fatta a 17 anni che gli ha fatto sentire la vocazione al sacerdozio. O quando ha ammesso che delle volte si addormenta guardando il sacrario. O quando ha rimproverato bonariamente i 200 mila della piazza perché al suo passaggio gridavano «Francesco, Francesco» e non «Gesù, Gesù». «Mai più Francesco: gridate Gesù», ha scherzato.
Sabato, 18 Maggio 2013

La Fiom non doveva essere lasciata sola dal PD. Si è manifestato per il lavoro.


La Fiom è stata lasciata sola

Pubblicato: 18/05/2013 18:31

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La manifestazione della Fiom per le strade assolate di Roma ha dimostrato un sindacato dei metalmeccanici in ottima salute. Oltre alla quantità dei partecipanti è contata anche la qualità delle presenze e dei discorsi dal palco. Raffaella Bolini, Fiorella Mannoia, Gino Strada, Stefano Rodotà, oltre ai protagonisti di lotte di fabbrica hanno preceduto il comizio finale di Maurizio Landini, come sempre assai poco demagogico ed estremamente concreto nel delineare un percorso di lotta sociale e nel richiamare le forze politiche alle loro responsabilità di fronte alla gravissima crisi in cui versa il paese. In molti hanno detto: il nostro non è un paese in crisi, ma nella crisi, esprimendo così la fiducia sulle possibilità di una ripresa se si ascoltano e non si ostacolano le forze del lavoro.
C'è stato un passaggio del discorso di Landini che ha attirato la viva attenzione della folla in piazza ed è suonato come un'accusa precisa verso una parte rilevante della sinistra. Il segretario della Fiom ha detto di stupirsi di come da un lato si abbia tanto coraggio da stare in un governo con Berlusconi e dall'altro avere contemporaneamente paura di essere in piazza con la Fiom. Touché.
Se si pensa allo squallore di ministri pidiellini che manifestano contro la Magistratura a Brescia, atto rivendicato come legittima libertà di opinione politica (si potrebbe dire, con un facile gioco di parole, un partito di lotta e di Letta, con un leader con la faccia di latta) e lo si confronta con la vistosa assenza dei dirigenti del Partito democratico alla manifestazione operaia si ha la sensazione di un vero rovesciamento.
Da un lato il populismo di destra, incline persino alla jacquerie contro un potere dello stato democratico, quello giudiziario, dall'altro la lontananza e l'insofferenza dei massimi esponenti del primo partito italiano da quello che un tempo era il suo principale referente sociale, la classe operaia. Non è servito neppure che a reggere, momentaneamente o meno, le redini del Partito democratico sia adesso un ex segretario generale della Cgil.
A dovere essere sinceri, come è sempre giusto fare, non è che le forze dell'opposizione al governo Letta - Alfano brillassero per presenza organizzata. Se si eccettuano le comparsate televisive, sempre ben preparate, alla partenza del corteo, non si può dire che le forze della sinistra fossero robustamente presenti e visibili in quanto tali. E non credo purtroppo che si sia trattato di un eccesso di cautela per non compromettere l'autonomia e l'indipendenza del sindacato da qualunque forza politica.
Così assumevano un sapore un po' curioso le parole dedicate da Landini a questo tema. "Ogni volta che la Fiom organizza qualcosa - ha detto il segretario dei metalmeccanici - ci accusano di volere fare un partito, mentre noi avanziamo le nostre proposte in quanto forza sindacale" Giustissimo, in effetti è e deve essere così. Ma nella piazza c'era chi commentava: magari potessimo costruire un partito fondato sul lavoro!
L'affermazione non è politically correct e neppure coerente con la tradizione sindacale italiana. Ma ne va colto il senso, perché esprime un bisogno profondo, quanto inevaso: quello di dare una rappresentanza politica al variegato e dolorante mondo del lavoro. Altrimenti anche la Costituzione, sapientemente richiamata da Rodotà, tra gli applausi di tutti, rimane lettera vuota.
Il fotoracconto della giornata
1 di 55
Ansa
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dipocheparole     venerdì 27 ottobre 2017 20:42  82 Facebook Twitter Google Filippo Nogarin indagato e...